Castagne malate e castagneti invecchiati: Marche al bivio

La "spinosa" produzione dei marroni tra passato e futuro
Economia
di Giorgia Clementi

Nelle Marche sono circa 900 gli ettari di terreno che ospitano castagneti e il 96% di loro si trovano in provincia di Ascoli e Fermo. Una realtà produttiva popolata da piccoli produttori e alberi che danno vita a pregiati marroni marchigiani. A proteggerne la delicatezza, la natura ha posto dei ricci come custodi, ma le spine del guscio poco possono contro i cambiamenti che, ogni anno, rendono la raccolta di castagne una questione sempre più “spinosa”.

Cambiamenti climatici in primis, come “primavere piovose e molto fredde in montagna che quest’anno hanno reso la produzione in alcuni posti nulla” testimonia Romolo Durastanti, produttore dell’azienda agricola La Fenice di Acquasanta Terme. Ad essi si aggiungono malattie e parassiti come la cydia che, nonostante gli interventi fitosanitari, infestano gli alberi e danneggiano i frutti scavandone delle cavità all’interno, mentre l’aumento della fauna selvatica prende di mira le piccole piantine. “Su 100 nuove piante inserite – spiega Durastanti – 90 vengono mangiate da cervi e caprioli” con la recinzione del castagneto come unica possibilità, tanto risolutiva quanto dispendiosa, di tenerli lontani: “tra materiale e manodopera, recintare costa circa 15.000 euro l’ettaro”.

Cambiamenti socio-climatici – Nel caso delle castagne però, a fare la differenza sono anche fattori sociali ed antropologici, come spopolamento dei luoghi montani, mancanza di manodopera e aziende di piccole dimensioni. Negli ultimi 50 anni – afferma Tommaso Ciriaci di Confagricoltura Ascoli Piceno e Fermo – i cittadini hanno abbandonato le zone montuose”. Ci sono così sempre meno castanicoltori ed i castagneti esistenti vengono trascurati nella manutenzione. “Sono saltate due generazioni nella trasmissione delle conoscenze e ad oggi mancano innestatori e potatori”, mentre nessuno cura il sottobosco che, senza l’apporto di sostanza organica, sterilizza la produzione. “La mancanza di manutenzione mina la fertilità dell’ecosistema produttivo – spiega Ciriaci – e castagneti che una volta producevano 5 oggi producono 1”.

Si aggiungono le piccole dimensioni delle aziende, con produttori in molti casi hobbisti che possiedono in media 1 ettaro di castagneto, dal quale ricavano tra i 2,5 e i 3 quintali, al massimo 5, di marroni. Nei casi delle aziende più grandi si parla di circa 10 ettari coltivati, ma comunque di piccole dimensioni che impediscono capacità contrattuali e di investimento.

La realtà vede così, tanti piccoli produttori che, per il poco prodotto raccolto, restano ai margini di un mercato in realtà molto vivace dal punto di vista nazionale, con l’Italia che importa 130 milioni di euro di prodotto. Il bel frutto che troviamo lucido e corposo nei supermercati, proveniente però da “bouche de betizac”, un ibrido eurogiapponese molto diverso dal castagno nazionale che produce marroni pregiati. “La soluzione passa per l’informazione – conclude Ciriaci. – Vanno informati i consumatori che spesso non sanno da dove proviene ciò che acquistano, ma anche i produttori che dovrebbero consorziarsi tra loro”.

Castagneti poveri, ma versatili – Ai margini del mercato ma non solo, perché rispetto agli altri, il castanicoltore è stato per tempo lontano anche dai piani politici. “Negli ultimi 10 anni l’interesse è tornato”, conclude Ciriaci, con la possibilità recente per i produttori di accedere ai titoli PAC o bandi specifici, come quello del 2020, per il recupero dei castagneti ubicati nei Comuni del cratere. Piccoli passi per salvare l’arte del castanicoltore dalle sue minacce. Nel frattempo, l’incentivo per andare avanti arriva più dalla versatilità dei castagni, ottimi produttori di legname da opera, ospiti di api che producono miele e destinatari di attenzioni da parte di visitatori e turisti che, sempre più spesso, sono alla ricerca di esperienze ludiche e didattiche tra i nostri poveri castagni.

I numeri

Nelle Marche 850/900 ettari di castagneti: 96% tra province di Ascoli e Fermo. Produzione di circa 5/6 quintali l’ettaro, ma quest’anno tra i 2,5 e i 3 quintali, ¾ di prodotto in meno rispetto al 2022.

Pari a 130 milioni di euro l’import nazionale di castagne

 

Tags: Castagne, Castanicoltura, in evidenza, Romolo Durastanti, Tommaso Ciriaci

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