Con i piedi per terra!

...perché siamo gente di campagna
Intorno al Focolare
di Carlo Nardi

Parlare della vita di campagna è sempre gradevole e suscita ricordi attaccati ai tempi più felici, quelli della fanciullezza. Farlo dalle colonne di Marche Agricole riesce ancor più stimolante perché la testata risulta essere ormai un privilegiato punto di vista che spazia sul più antico panorama che la storia umana possa concepire: l’Agricoltura!

La rubrica si intitola “Intorno al focolare” perché è lì che, una volta rientrata dai campi e rifocillata da un frugale pasto, si riuniva la famiglia contadina. Così, come per magia, racconti senza tempo carichi di affabulazione aumentata dal crepitio della legna e dal tenue riverbero del fuoco, scandivano antiche serate e soprattutto garantivano il tramandare delle tradizioni.

Un mondo, quello della gente di campagna, sempre attivo e dalle molteplici sfaccettature che riesce a declinare i suoi ossimori e convogliarli in un sentire comune che contraddistingue tutti i suoi protagonisti: un universo atavico e ultramoderno al tempo stesso, dove tecnologia ed inventiva risultano i novelli buoi ai quali attaccare l’aratro che traccia il solco nell’immensa pianura del terzo millennio.

Dalla notte dei tempi, da quando l’uomo è apparso su questo meraviglioso pianeta, che non a caso si chiama “terra”, siamo tutti contadini; anche i pescatori prima di affrontare le asperità del mare e raccoglierne, guarda un po’, “i frutti”, hanno campato di terra; e così i pastori, gli allevatori ed i cacciatori, giusto per citare le prime “professioni” messe al libro paga da Madre Natura.

“Io so’ un contadino” cantano quelli dell’ormai famoso gruppo musicale ’”Agrirock”, cui presto dedicheremo la meritata attenzione.
“Io so’ un contadino”, fanno da eco queste righe per non perdere l’opportunità di partecipare al più antico movimento lavorativo della storia, come afferma il professor Sergio Anselmi (già docente di storia dell’economia presso l’Università di Urbino) nel suo libro “Insediamenti rurali, case coloniche, economia del podere nella storia dell’economia marchigiana” (Ca.Ris.J. – 1985). “La lenta evoluzione della conquista del suolo”, come lui brillantemente la definisce, “sarebbe partita dall’Asia diecimila anni prima di Cristo e le prime testimonianze di insediamenti nelle Marche risalirebbero a cinquemila anni A.C., lungo i terrazzi dell’Esino, del Misa e sul Monte Cònero” per poi evolversi attraverso i secoli fino a far diventare la nostra regione “quella più mezzadrile d’Italia”.

 

L’obiettivo della rubrica è quello di mantenere accesa la fiamma della tradizione su un villaggio, quello della comunità agricola, ormai sempre più globale, ma comunque tenacemente attaccato alle sue radici. Insomma, come si usa dire oggi, un vero e proprio recupero della memoria. Infatti, chi non ha memoria non ha futuro e chi non ha futuro non è! Il sillogismo è così banale che si completa da solo: l’oblio è una condizione che “l’essere” non concepisce. La memoria è per una persona, di più, per una comunità, quello che è la radice per una pianta: senza radici neanche la quercia più maestosa riuscirebbe ad imporre il suo portamento agli elementi. Come per la quercia, quanto più profonde sono le sue radici, tanto più imponenti sono le sue fronde e più floridi i germogli del prossimo ramo, così per l’essere umano quanto più uno ricorda, tanto più riesce ad immaginare un futuro. Ancora di più viene da dire che la memoria è come l’aratro che solca il terreno: sta dietro ma apre la via a futuri raccolti. Sta a noi, contadini di noi stessi, assicurare un buon risultato.

Capite quindi (ma che ve lo dico a fare?) che contadini non ci si inventa: volenti o nolenti, ci si nasce e noi ci siamo nati! È un mestiere duro ed incerto, sempre alla mercé di imprevedibili turbolenze non solo meteorologiche, ma anche economiche e legislative che arrivano da lontano e che ti piovono addosso come grandine a maggio e picchiano duro! E se non sei pronto fanno danni irreparabili. Così “Intorno al focolare” cercherà di essere un caldo ristoro fatto di ironia, metafore, tradizioni, approfondimenti e giovialità. Un focherello sempre acceso presso il quale riscaldarsi dalle intemperie della vita di campagna.

Insomma dall’aratro a puntone di legno trainato dagli uomini, alle mietitrebbie che sembrano navicelle spaziali, sono passati millenni! Quella che non passa mai è invece la tenacia che contraddistingue i protagonisti di questo mondo, tutta gente, guarda caso… “con i piedi per terra!”

 

Tags: in evidenza, Intorno al focolare

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