Delusi sì ma solo dai numeri, gli agricoltori scesi dalle Marche per partecipare al Circo Massimo alla manifestazione organizzata da “Cra Agricoltori Traditi”. Si aspettavano qualcosa di eclatante, di essere almeno in 20mila, ma in piazza erano solo in 1500. Un depotenziamento che, alcuni collegano a divisioni interne, ma su cui sorvolano perché nella sostanza sono tutti soddisfatti. Niente bandiere delle associazioni di categoria, ma tanto tricolore e l’occasione di confrontarsi con agricoltori di ogni regione per constatare che qualsiasi sia le produzioni e le lavorazioni, hanno gli stessi problemi e poco importa come ognuno le declina.
«Da Roma ritorno compiaciuta» conferma la fabrianese Patrizia Balducci dell’azienda agricola Gocce di Camarzano a Moscano, 200 ettari di cui 50 di proprietà con piani di coltivazioni che devono prima tener conto del girovagare dei cinghiali. «Qui è stata paragonata l’agricoltura alla libertà e non si può essere schiavo se si ha la sicurezza di avere del cibo e di non dipendere dagli altri per averlo». Con la sua sensibilità artistica, è una rinomata pittrice naif, Patrizia porta al dunque la protesta: «Dopo giorni, ci siamo accorti che non siamo soli e che la battaglia è ovunque. L’Italia è sotto attacco e in tutti i settori, in quello agricolo, artigianale, industriale, e non dobbiamo lasciare che sia l’Europa a comprarci».
Un concetto che Elisa Fulgenzi, l’igienista dentale che ha dato il via alla protesta degli agricoltori nelle Marche, porta sul palco: «Vengo – ha affermato – da una regione spettacolare, uno dei luoghi più belli secondo Lonely Planet, e sono venuta a difendere queste eccellenze che tutti noi ogni giorno produciamo e cerchiamo di far finire sulla tavola. Quelle eccellenze che rischiano di essere perse a causa delle leggi dell’Europa che ci stringono un cappio al collo, che ci costringono ad allontanarsi da quello che è il mestiere dell’agricoltore. Pertanto, invito ognuno a riprendere in mano l’agricoltura. Siamo i custodi del mondo, né siamo gli architetti, facciamoci valere. Il nostro lavoro è essenziale e non possiamo farcelo portare via così».
Una battaglia pacifica che sono convinti sia non di tanti ma di tutti. Ragione per cui Francesco Rossi de “La Fattoria di Mia”, allevatore del “Vitellone bianco dell’Appennino centrale Igp”, due stalle con 100 giganti bianchi e oltre 100 ettari di terre, ai presidi non è mai venuto solo ma con sua moglie Anna, i suoi figli, i piccoli Davide e Maria ed Emanuele, uno dei due dipendenti. «Perché protesto a difesa della mia famiglia e manifesto per proteggere quella degli altri, dei consumatori». Sottolinea che finora sono stati dati tanti piccoli contentini ma il fondamentale ancora non c’è. «La politica agricola europea – ricorda – è nata per mantenere i prezzi bassi al consumo, ma quando non ci sono più le condizioni come adesso con i costi alle stelle e istituti di credito che hanno lungaggini che non si adeguano ai tempi dell’agricoltura, deve scattare un meccanismo automatico di supporto che tutela l’agricoltore, l’allevatore e il consumatore».
Antonello Nazzari gestisce 150 ettari di seminativi ed è anche allevatore nelle terre scoscese di Ascoli. Non è venuto in pullman ma in macchina. «Sono stati tanti i discorsi – commenta – e ad un certo punto dovremmo fare la quadra ma auspico che dalle fiamme non si passi banalmente ai tavoli ed otteniamo quello per cui siamo venuti: un cambiamento affinché l’agricoltore non sia più un pedone ma ritorni ad essere un protagonista nel sistema».