L’appartenenza alla famiglia delle Liliacee – di cui fanno parte cipolle, aglio e scalogno – colloca l’origine del porro nell’antica Persia. Un ortaggio “metà bianco e metà verde”, protagonista di numerosi piatti grazie alla sua versatilità e importante fonte di vitamine e minerali per l’uomo. Le varietà più diffuse in Italia sono il porro Grosso corto d’ estate, il Grossissimo di Rouen, il Lungo gigante d’ inverno, il Mostruoso di Carentan e il Cervere. Ma vi sono anche varietà locali dalle qualità uniche dovute alle caratteristiche del terreno e del clima che le nutrono, come il Porro di Massignano che cresce nel piccolo borgo marchigiano in provincia di Ascoli Piceno.
L’azienda agricola Malavolta
Se il porro di Massignano è iscritto oggi nel Registro della Biodiversità agraria della Regione Marche, è grazie alla famiglia Malavolta, con Patrizio prima ed oggi suo figlio Enzo che ne hanno mantenuto la coltivazione da circa il 1940. “Mio padre lo ha coltivato per una vita dando sia i porri che i semi a tutto il territorio, da Campofilone a Massignano – racconta Enzo Malavolta, agricoltore custode del prodotto dal 2017. “Non solo il porro, siamo custodi di sette varietà orticole e frutticole tramandate negli anni come la mela crucchiola, la pesca limone, la mela rosa oltre che la taccola, il meloncino e il cocomero di Massignano”. Per anni la famiglia Malavolta ha infatti coltivato in isolamento le varie colture così da evitare contaminazioni con altre varietà e lo ha fatto sempre con metodi tradizionali e naturali. Dal 1995 è ufficialmente azienda biologica.
Come ricordato da Enzo, il porro veniva considerato una “coltura salvadanaio” che, grazie alla lenta e progressiva maturazione, poteva essere proposta al mercato per lunghi periodi di tempo. Mercato non solo locale, ma anche quello del Centro e Nord Italia dove il porro di Massignano è stato esportato a lungo attraverso la rete ferroviaria adriatica.
Porro di Massignano: caratteristiche e coltivazione
Nella sua azienda, Enzo pianta circa 10 mila piante di porro ogni anno. La grandezza dell’apparato radicale che raggiunge i 50 centimetri di profondità e l’altezza del corpo verde in superficie di circa 40, 50 centimetri testimoniano come quella di Massignano sia una varietà di porro gigante. “Arriva a un metro di altezza e il fatto che sia un prodotto ambientato con autoriproduzione lo rende un porro di qualità maggiore rispetto alle specie più commerciali, oltre che più resistente al cambiamento climatico”.
Coltivati in agricoltura biologica, i porri vengono piantati a 10 centimetri l’uno dall’altro lungo dei solchi. Tra i filari viene invece lasciato un metro di distanza. “La semina – spiega Malavolta – viene iniziata a luglio e prosegue fino a tutto agosto con cadenza ogni 15 giorni, così da raccogliere i porri a scala”.
“I più belli – aggiunge – si tengono per il seme e si mandano a bulbo”. Ad oggi i semi vengono regalati da Enzo a chiunque glie ne faccia richiesta, “così da mantenere e continuare la coltivazione del Porro di Massignano sul territorio”.
Crudo o cotto, come cucinare il porro?
Come accennato in precedenza, da un punto di vista nutrizionale il porro è ricco di vitamine A, C, E e K, oltre a contenere importanti minerali come ferro, manganese e magnesio, così come sono note le sue proprietà antiossidanti e il contenuto di fibre, che lo rendono un alimento benefico per il sistema digestivo.
Dal gusto delicato, se cotto può essere utilizzato sia come base per soffritti e risotti che all’interno di zuppe o minestre. È mangiarlo crudo tuttavia che rende possibile apprezzarne completamente il sapore fresco e delicato. Ideale aggiungerlo all’insalata, tagliarlo a fette molto grandi e condirlo con olio, sale e basilico, o aggiungerlo a pomodoro e mozzarella per un’estiva “caprese”.
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