Con il termine hybris gli antichi greci definivano uno degli atteggiamenti più discussi del genere umano, quella eccessiva considerazione di sé che si trasforma in vera e propria tracotanza. Una forma smisurata di orgoglio e consapevolezza, derivato dalla propria potenza o fortuna, che porta ad una ostinata sopravvalutazione delle proprie capacità o convinzioni.
Una fotografia quanto mai attuale anche oggi che fa ben comprendere il motivo alla base di molte delle vessazioni che, spesso, semplici cittadini, imprese o professionisti sono costretti vivere ogni giorno per causa dei “capricci” di alcuni vertici delle pubbliche amministrazioni. Se tale condizione è poi comune a molte categorie, nel settore agricolo diventa purtroppo cifra dominante, soprattutto quando si parla di domande Pac.
Perché, se è vero che la tanto sbandierata rivoluzione digitale (fascicoli aziendali online, registro di campagna elettronico, etc..) avrebbe dovuto avere lo scopo di semplificare la vita degli agricoltori alleggerendo le incombenze amministrative, è altrettanto evidente come le migliori intenzioni si siano scontrate con la triste realtà. Nulla di nuovo in un paese dove la burocrazia regna sovrana. Ma proprio per questo, senza voler scomodare necessariamente i grandi pensatori del passato, non si può che fare un richiamo ad essi quando si leggono certe dichiarazioni da parte dei massimi vertici di Agea, ente pagatore in agricoltura alla guida dell’intero sistema delle domande Pac.
Ha suscitato non pochi malumori, a tal proposito, una recente intervista rilasciata da Fabio Vitale, direttore dell’Agenzia, in cui l’alto dirigente non solo ha illustrato quello che ha definito “ottimo” funzionamento del sistema e la facilità del suo utilizzo, ma non ha risparmiato critiche nei confronti dei Centri di Assistenza Agricola (CAA). Posizione che ha suscitato non pochi malumori, soprattutto fra i tecnici incaricati di caricare le domande per le aziende agricole.
Del resto, sarebbe sufficiente visitare un qualsiasi ufficio CAA affinché ci si renda conto della mole di documenti, ogni anno maggiore, che gli operatori sono costretti a richiedere alle aziende agricole per poter ottenere i soldi che gli aspetterebbero dalla Pac, e che ogni anno si assottigliano sempre più.
Una situazione complessa assolutamente in contrasto con certe idilliache ricostruzioni fornite alla stampa da Agea. A tal proposito, Pietro Verrua, Agronomo di Confagricoltura Ancona, ricorda che “circa il 50% dei fascicoli grafici devono essere puntualmente segnalati all’assistenza per l’impossibilità di poterli chiudere così come il ribaltamento del piano grafico sull’alfanumerico (catastale) è ad oggi inesistente o quanto meno assolutamente incompleto. Tutto ciò comporta l’impossibilità di presentare, per le aziende biologiche, una notifica ed un PAP corrispondente al piano grafico (cosa che in base ai controlli legati regionali automatizzati mette a forte repentaglio la possibilità che le domande vengano pagate) o di aggiornare le denunce aziendali all’INPS degli assuntori di manodopera”.
Esempi apparentamene molto tecnici, ma che in realtà hanno non poche ripercussioni nella gestione aziendale. “A tale situazione – prosegue Verrua – aggiungiamo poi che le domande a valere sul PSR 2014/2022 non sono lavorabili per svariati problemi informatici, quelle unificate restituiscono moltissimi errori che non ne consentono la stampa ed il conseguente inoltro ad AGEA ed in diverse province italiane (fra cui Ancona) il catasto è ancora traslato rispetto alle mappe a disposizione”.
Un vero e proprio caos, dunque, che costringe gli operatori CAA a continue segnalazioni ad AGEA, malfunzionamenti diffusi e ritardi. Una situazione complessa e sempre più critica che, per l’ennesima volta, scarica sul privato le inefficienze delle pubbliche amministrazioni. Del resto, le oltre 14.000 domande trionfalmente portate ad esempio della bontà del sistema sono sì state materialmente evase, ma molte continuano a risultare con anomalie di sistema.
Un quadro ben diverso da quello che Agea (ed i suoi massimi vertici da oltre 170.000 euro di stipendio all’anno) vorrebbe descrivere e che solo ed esclusivamente una eccessiva tracotanza potrebbe trasformarlo in un esempio virtuoso al quale tutti (agricoltori, tecnici e Centri di Assistenza Agricola) dovrebbero assoggettarsi in silenzio.