Siano coinvolti gli agricoltori contro i dissesti idrogeologici

La prevenzione dei fenomeni estremi passa attraverso una attiva collaborazione
Attualità
di Andrea Dignani (geologo)

Puntuale a settembre, con il ritorno delle piogge, assestiamo ad eventi alluvionali sia in Emilia-Romagna che nelle Marche, interessando anche vaste zone agricole. Un sempre più comune passaggio da condizioni di “siccità severa” al rischio di gravi esondazioni, con un aumento del livello di fiumi e torrenti.

Conseguenze meteorologiche opposte ma che, secondo gli esperti, hanno un comune denominatore: il cambiamento climatico. Le stagioni secche prolungate hanno reso i campi poco permeabili, non in grado di assorbire le fitte precipitazioni degli ultimi giorni. Inoltre, a determinare una minore capacità di assorbimento da parte dei suoli, gioca anche un altro fattore: la bassa fertilità naturale dei terreni.

Negli ultimi 30 anni, secondo i dati dell’Ispra, la disponibilità idrica nel nostro Paese è diminuita del 20%. Una riduzione dovuta non solo alla minore frequenza delle precipitazioni, ma anche all’incremento dell’evaporazione. Un calo che determina conseguenze prima di tutto per il settore agricolo che si trova a dover gestire la produzione con una programmazione diversa dei raccolti, come ad esempio succede per il riso.

Le problematiche, poi, si sommano con altri elementi. La disponibilità di acqua con la errata gestione dei deflussi e degli accumuli idrici superficiali e profondi, la prevenzione del dissesto idrogeologico e dalle frane con l’assenza di aree di laminazione. Per non parlare poi dei sedimenti fluviali che creano criticità fin sulla costa o dell’errata gestione della biomassa in una prospettiva di pianificazione nelle aree alluvionabili.

Tante mancate azioni di prevenzione e gestione che dovrebbero vedere le aziende agricole soggetti con la diretta tutela del territorio, non solo in un’ottica produttiva, ma anche per la valorizzazione delle acque e la prevenzione del dissesto.

Oggi sarebbe opportuno riconoscere, veramente, agli agricoltori la valenza multifunzionale della loro permanenza sul territorio, come presidio funzionale ed economicamente sostenibile ma, soprattutto, attribuirgli un ruolo di preminenza e di priorità nella collaborazione con i soggetti pubblici per la corretta gestione delle risorse idriche, della manutenzione del reticolo idrografico e delle pendici collinari, in una pianificazione per la transizione e adattamento climatico per il nostro territorio.

La soluzione non può che essere in un sistema organizzato dall’interno della realtà agricola, che incentivi l’utilizzo di pratiche agronomiche che riducano il rischio idrogeologico e lo sviluppo di azioni (durante il riposo) che favoriscano l’assorbimento di corpi idrici in stagioni piovose, con conseguente allungamento dei tempi di corrivazione e recupero delle sistemazioni idraulico agrarie (dai terrazzamenti, ai ciglionamenti con riduzione delle portate solide e minore erosione).

Si tratta, quindi, di proporre una fattiva collaborazione fra le amministrazioni di governo del territorio e gli agricoltori, una collaborazione che veda l’imprenditore non come una parte residuale, ma come protagonista del mantenimento di beni pubblici come il paesaggio e nella mitigazione al cambiamento climatico.

Confagricoltura, su questa base concettuale, ha presentato un piano di gestione territoriale per il risparmio idrico, la gestione delle alluvioni, la prevenzione del dissesto all’interno del Contratto di Fiume Misa, un’area gravemente provata dalle alluvioni degli ultimi anni.

L’auspicio è che i progetti di gestione degli ambiti agricoli possano trovare riscontri attuativi per sperimentare e monitorare sistematicamente le azioni per la prevenzione del dissesto idrogeologico

 

Tags: dissesto idrogeologico, eventi estremi, in evidenza, precipitazioni, siccità

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