Che la questione piccioni in città sia una problematica annosa è cosa risaputa. Così come sono altrettanto evidenti le difficoltà che le amministrazioni locali hanno nel tentare di contrastare questi volatili. Ancona e Senigallia hanno introdotto sanzioni per chi li nutre (fino a 5oo euro), Grottammare ha istallato costosi sistemi ad ultrasuoni per allontanarli, Sant’Elpidio e Monte Urano si affidano ai falchi. Tutte misure volte più che a ridurne il numero a spostare il problema fuori dai centri abitati. Sulla stessa linea arriva ora anche la proposta avanzata dal Comune di Jesi.
Nello specifico l’idea sarebbe quella di “delocalizzare” i volatili dai vicoli del centro alle campagne circostanti. Come? Emulando quanto farebbero in alcuni comuni tedeschi tramite la creazione di torri artificiali in aree rurali per agevolare la costruzione dei nidi e poi mantenere i piccioni in tali zone fornendo loro acqua e cibo.
Tante proposte che, al netto delle buone intenzioni dei proponenti, sollevano non pochi dubbi circa l’effettiva efficacia dei progetti. E questo non solo perché i piccioni già oggi si nutrono durante il giorno nelle campagne e poi rientrano la sera in città. I motivi che spingono molti animali a prediligere i centri abitati, infatti, sono molti e non ultimo la maggiore sicurezza rispetto alle zone più isolate. Fra i vicoli di una qualsiasi città o nei parchi pubblici non vi sono cacciatori, i predatori naturali sono pochi e le condizioni climatiche sono spesso più favorevoli (riparo dal vento, dalle intemperie, etc..). Non solo piccioni, ma anche gabbiani, cornacchie, volpi, cinghiali molto spesso popolano le aree urbane e sub-urbane proprio per questi motivi.
Oltre a tali osservazioni, però, vi è un altro aspetto non di poco conto. Se quello dei piccioni è un problema in primis di decoro e pulizia per chi abita i centri storici rappresenta una criticità altrettanto seria, ma di tipo economico, per chi vive di agricoltura. “Se davvero iniziasse a passare il messaggio che per risolvere il problema dei piccioni nelle città dobbiamo traslocarli in campagna sarebbe davvero una tragedia” ricorda Paolo Vitali, agricoltore di Belvedere Ostrense esperto di fauna selvatica. “Già oggi i danni che questi animali provocano alle nostre colture sono ingenti, partendo dal girasole. Spesso ci troviamo a dover riseminare interi campi completamene mangiati. Si tratta di operazioni di precisione dove già solo la perdita di un 20/30% del seme inficia la possibilità di ottenere una raccolta in grado di coprire i costi. Il controllo degli animali c.d. nocivi è un’esigenza non più rinviabile. Non solo piccioni ma anche gazze e cornacchie. Questo non solo per motivi agronomici ma anche per salvaguardare la restante fauna. Negli ultimi anni molte specie come cardellini, verzellini, etc. sono in netta diminuzione proprio a causa della abbondante presenza di specie antagoniste con cui vanno in contrasto. E questo avviene nonostante il lavoro che Polizia Provinciale ed operatori faunistici già oggi svolgono per arginare il prbolema.”
Una presa di posizione netta, condivisa anche da molti altri agricoltori e dalle stesse associazioni di categoria. “Comprendo perfettamente le difficoltà degli amministratori locali, costretti a fronteggiare il problema dei piccioni senza avere delle armi realmente efficaci da poter utilizzare. Del resto, i mangimi per rendere sterili questi animali sono molto poco efficaci, oltre che dannosi per le altre specie, così come i dissuasori o le misure di allentamento costosissime da attuare sul lungo periodo. – ricorda Alessandro Alessandrini, direttore regionale di Confagricoltura- L’unica misura concreta è il contenimento delle popolazioni in surplus. Potrà sembrare impopolare ma la gestione venatoria della fauna selvatica è uno strumento usato in ogni paese civile per mantenere gli equilibri fra attività umane e natura, senza intaccare i nostri ecosistemi. Le città hanno il problema dei piccioni, le campagne a questo aggiungono anche quello dei cinghiali e dei lupi. Oggi, osserviamo che molte specie selvatiche sono cresciute a dismisura, gestirne il numero è l’unica soluzione.”