Sta destando non poco clamore la notizia della creazione di un grande impianto agri-voltaico nel comune di Chiaravalle, con una superficie di oltre 50 ettari. Ampia l’area coinvolta, 520.000 mq equivalenti a circa 75 campi di calcio, sulla quale verranno installati 70 mila pannelli solari ad un’altezza di circa tre metri dal suolo. Una sopraelevazione giustificata dalla contemporanea presenza anche di un allevamento ovino nel medesimo terreno. Un’attività complementare, forse all’apparenza non particolarmente redditizia, ma fondamentale per poter giustificare quella dicitura “agri” indispensabile per ottenere l’autorizzazione.
Una situazione molto dibattuta e che sta suscitando polemiche in varie zone della nostra regione, emblematico è anche il caso analogo a Sassoferrato, e non solo. Perché, se l’ultimo decennio era stato caratterizzato da ferree lotte e prese di posizione contro il consumo del suolo agricolo (recepite anche dalle istituzioni locali) il più recente green deal europeo ha di fatto spazzato via tutto ciò riconoscendo la possibilità di continuare ad istallare pannelli a terra purché questi permettano la contemporanea coltivazione del fondo.
Senza voler andare nel merito agronomico della questione, molto dibattuta, è di tutta evidenza come il rischio di trovarsi di fronte a situazioni fittiziamente agricole messe in piedi solo per giustificare la creazione dei ben più redditizi impianti è molto alto.
A tal proposito netta è la posizione di Confagricoltura Ancona su quella che corre il rischio di diventare una vera propria deriva di uno strumento ammesso dalla legge. Antonio Trionfi Honorati, presidente provinciale dell’organizzazione, ricorda: “Le complessità di natura economica che affliggono il settore primario sono note ed al tempo stesso è comprensibile che si cerchino delle forme di integrazione del reddito aziendale. La situazione alla quale stiamo assistendo, però, è ben diversa. Senza voler entrare nel merito della singola questione è opportuno riaffermare un principio di portare generale: se gli impianti fotovoltaici sono funzionali all’azienda agricola non si può che essere d’accordo ma se, al contrario, è quest’ultima che deve piegarsi e sottostare a logiche di natura speculativa e commerciale la situazione cambia radicalmente”.
L’allarme lanciato dal mondo agricolo è proprio quello di vedere scomparire migliaia e migliaia di ettari a favore di mega impianti dove la coltivazione o l’allevamento vengono praticati non più come finalità principale ma semplicemente come una scomoda necessità volta a giustificare l’investimento milionario. “Nessuno mette in discussione che sia possibile coniugare alcune ben specifiche culture, o lo stesso pascolamento degli animali, con le strutture rialzate parzialmente ricoperte di pannelli che la legge sull’agri-voltaico richiede. I dubbi sorgono, però, quando assistiamo ad operazioni che prevedono investimenti milionari da parte di grandi gruppi dove il vantaggio per agricoltore e territorio è veramente modesto.”
La questione è certamente articolata ma non può che saltare all’occhio come questa imponente corsa alla creazione di nuovi impianti su terreni agricoli (che riguarda ogni angolo del nostro paese) rappresenti l’altra faccia della medaglia di una ideologia molto green ma poco pragmatica. Gli ambiziosi obbiettivi di sostenibilità e basso impatto ambientale sbandierati da molti, del resto, comportano anche questo. Pannelli solari, impianti a biomassa e pale eoliche sono la risposta e quell’impetuoso desiderio ecologista cavalcato da molti senza rendersi bene conto delle conseguenze che tutto questo avrebbe avuto per paesaggio, ambiente e territorio.