di Tommaso Spilli
L’albero di Natale, si sa, è ormai una tradizione consolidata non solo nelle nostre case, ma anche nelle nostre piazze. Un passaggio che scandisce l’arrivo delle feste e che, soprattutto quando si parla di luoghi pubblici ed amministrazioni comunali, porta puntualmente con sé anche qualche polemica. Non solo sulla qualità degli addobbi, sul costo degli stessi ma, da qualche tempo, anche circa la sostenibilità ambientale dell’abete scelto. In diversi Comuni è ormai di moda il c.d. albero di Natale “high tech”, spesso accompagnato da delle affermazioni totalmente illogiche sul tema della silvicoltura e della gestione dei boschi.
Gli alberi “veri” prelevati presso le nostre montagne nella maggioranza dei casi sono abeti rossi, provenienti da foreste gestite per lo scopo di produrre non solo “alberi di Natale” ma soprattutto legno. Quelle aree che chiamiamo foreste o boschi sono in realtà sistemi di silvicoltura, più associabili alle coltivazioni agricole che a luoghi di natura selvaggi. Ogni abete viene piantato secondo un certo sesto d’impianto e abbattuto dopo un certo periodo. Tutto molto artificiale e lontano dai boschi più naturaliformi che coprono altre aree del paese (purtroppo sempre di minore estensione) .
L’albero cresce, assorbe CO2, produce ossigeno, ospita biodiversità (poca in quei contesti), fa penetrare l’acqua in profondità nel terreno e stabilizza i versanti durante il corso della sua vita. Una volta raggiunto il volume legnoso adatto al tipo di commercio viene abbattuto, poi donato o venduto al Comune di turno ed addobbato. Finite le feste l’albero viene sramato e depezzato. Una parte del legno diventerà tavolame (dove rimarrà stoccata C02 sottratta dall’atmosfera), una parte pellet o cippato. Tutto comunque sarà riutilizzato e contribuirà a produrre anche un minimo impatto economico sul territorio. A inizio stagione un nuovo abete verrà ripiantato a sostituzione di quello abbattuto.
Gli alberi “high tech”, invece, sono composti sostanzialmente di plastica e Led che impiegano terre rare per la loro realizzazione. Non sappiamo quanto siano riciclabili, ma possono di certo essere riutilizzati per più stagioni. Spesso, però, non si conoscono bene quali siano i cicli produttivi, la provenienza della componistica, il reale bilancio ecologico di quanto prodotto (magari dall’altra parte del mondo). Una cosa è certa, servono risorse fossili ed emessa una quantità significativa di CO2 per produrlo.
Un paragone, dunque, che potrebbe non reggere un confronto solo all’apparenza scontato. L’abete rosso, come ogni albero, crea servizi ecosistemici durante la sua vita e rappresenta realisticamente la soluzione più ecosostenibile e meno inquinante rispetto a molte altre soluzioni (apparentemente ecologiche, ma nei fatti molto più impattanti).