“Agricoltura senza futuro se si privilegia il prezzo alla qualità”

L'amara considerazione del presidente di Confagricoltura Marche, Antonio Trionfi Honorati
Economia
di Alberto Maria Alessandrini

“Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”. La dolorosa sintesi della situazione che il settore agricolo sta ormai affrontando da oltre un decennio è di Antonio Trionfi Honorati, presidente di Confagricoltura Ancona e titolare dell’omonima, storica azienda agricola nella Vallesina.

Antonio Trionfi Honorati

Presidente Trionfi, quali sono i motivi alla base di questa sua considerazione?
“Noi agricoltori ci lamentiamo della scarsa remunerazione dei nostri prodotti a fronte di un aumento sconsiderato dei costi di produzione, ma siamo anche noi parte di quella moltitudine che, quando va a fare la spesa, si affida principalmente al prezzo. Oltre che operatori del settore siamo anche consumatori e molto spesso la qualità del prodotto che ci accingiamo a comprare passa in secondo piano a discapito di prezzo, convenienza od offerte. Un atteggiamento comprensibile, a volte inevitabile, ma che dovrebbe essere affiancato da una riflessione: Quanto potremo mai risparmiare, a fronte della sicurezza sulla qualità del prodotto che stiamo per portarci a casa?”

Eppure, non solo le aziende, ma soprattutto enti ed istituzioni hanno investito parecchio in campagne di sensibilizzazione per un consumo consapevole!
“Evidentemente con risultati molto modesti, basta pensare all’esempio dell’olio. In questo caso tra un prodotto dozzinale da pochi euro a bottiglia (dico bottiglia ,perché non sempre la bottiglia è da 1 litro) ed un litro di olio acquistato, magari dal frantoio vicino casa, a 10 euro, in un’economia domestica quanto potrà incidere? Ipotizziamo che una bottiglia ci duri 10 giorni, l’impatto sul budget domestico sarà di 1 euro al giorno, in una famiglia di 4 persone di 25 centesimi al giorno a testa, rispetto a, magari, 40 centesimi al giorno, nel caso della stessa famiglia, a 10 centesimi a testa. L’approccio dovrebbe essere di questo tipo, più pragmatico e meno retorico. Quante famiglie hanno mai realmente fatto questo tipo di calcolo? Lo stesso può dirsi per un altro prodotto immancabile nelle nostre tavole, la pasta”.

Che, tra l’altro, oltre ad essere un emblema della cucina italiana è anche (con il grano d’uro) il simbolo dell’agricoltura marchigiana…
“Esattamente. In questo caso noi agricoltori subiamo un impatto letteralmente “devastante” Mi spiego meglio. Se ad un imprenditore agricolo il grano viene acquistato a 30 euro a quintale, quindi 30 cent/kg, l’incidenza sul classico pacco di pasta da 500 grammi sarà di 15 centesimi. Prendendo in considerazione la solita famiglia di 4 persone, parliamo di circa 4 centesimi a testa. Al tempo stesso, però, con queste quotazioni in campagna le aziende fanno un’estrema fatica a far tornare i conti, calcolando l’aumento vertiginoso dei costi di produzione degli ultimi anni, spesso, i 30 euro non ripagano le spese. Allora sogniamo un attimo, ipotizziamo che i pastifici italiani impazzissero tuti insieme e pensassero di pagarci il grano 40 euro al quintale”.

Ipotesi che non sarebbe poi una follia visto che in determinate annate le quotazioni arrivarono ben oltre i 50 euro, giusto?
“Proprio così! E comunque proviamo a rifare i conti in questo modo. Per 1 kg di pasta 40 centesimi di grano, per un pacco da 500 grammi, 20 centesimi, per la nostra ormai affezionata famiglia di 4 persone, 5 centesimi a testa per un piatto abbondante di pasta. L’incidenza sulle famiglie sarebbe irrisoria, ma per chi produce frumento cambierebbe tutto. Ci sarebbe possibilità di fare investimenti, garantire occupazione e ottenere un reddito modesto ma dignitoso”.

Una circostanza, questa, che non penalizzerebbe né gli agricoltori né gli acquirenti finali?
“Già, vista così suona in maniera diversa. È la legge dei grandi numeri, quella con cui noi agricoltori ci confrontiamo quotidianamente. Ribadisco, anche noi, o alcuni di noi, quando vanno a fare la spesa tendono a dare la priorità al prezzo, anche se parliamo di “molliche”, ma se fossimo tutti meno attenti a questo aspetto e più consapevoli dell’origine e della qualità di ciò che mangiamo, potremo lasciare sulla “tovaglia” 1 o 2 centesimi e sostenere una filiera. La prima e più importante filiera per una nazione è proprio quella agricola (non a caso il nostro è il settore primario). Assicurare la giusta remunerazione per un comparto in difficoltà tutela la salute di tutti e mette in sicurezza le fondamenta del paese”.

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