Praticamente dimezzata in un anno la quotazione del colza, coltura che nelle Marche interessa circa 2.400 ettari, quelli che in questi giorni e fino a maggio inoltrato colorano di un intenso giallo le nostre colline.
Il mercato indica intorno ai 40/45 euro la quotazione al quintale, contro gli oltre 80 euro di neanche un anno fa. Il crollo era prevedibile, conseguente del ritorno alla quasi normalità dei prezzi di energia e beni primari dopo l’impennata dovuta all’inizio della guerra in Ucraina. E, a voler guardare il bicchiere mezzo pieno, vi è anche il fatto che i 40/45 euro attuali sono comunque superiori ai 30 euro al quintale con cui il colza veniva commercializzato nel 2021.
Sempre restando in tema economico-finanziario, non sfugge però che il colza seminato a settembre 2022, quindi prima della pubblicazione del decreto sulle nuove regole della PAC di fine dicembre, non potrà beneficiare del pagamento aggiuntivo previsto dall’ecoschema 4 che può arrivare fino ad un massimo di € 110/ettaro, in quanto, nella fase di semina e pre emergenza, gli agricoltori “ignari” hanno utilizzato prodotti che il disciplinare di lotta integrata non prevede come l’esca lumachicida (metaldeide) e il geodisinfestante (teflutrin o lambdacialotrina).
Nelle Marche, si diceva, vi sono 2.400 ettari, circa un 18% in più rispetto alla passata compagna che porta la nostra regione a detenere oltre il 10% della produzione nazionale che si attesta sui 20 mila ettari complessivi, per un giro di affari di oltre 3 milioni di euro. Il colza appartiene alla famiglia delle Brassicaceae ed è quindi strettamente imparentato con cavoli, broccoli e cavolfiori. A seconda delle condizioni di coltivazione può raggiungere dai 60 ai 90 cm e, grazie alle radici molto profonde, è in grado di sopportare egregiamente la siccità. La fioritura, molto duratura, avviene a metà primavera: i fiori sono composti da 4 petali opposti due a due, come tipico per questa famiglia. Il loro colore è un bellissimo giallo chiaro. Al loro appassimento cominciano a svilupparsi i semi che è ciò per cui viene prevalentemente coltivata.
Dal colza si ottiene un olio destinato principalmente all’industria chimica per la fabbricazione di biodiesel e lubrificanti – tema su cui c’è grande interesse in questi giorni con le decisioni dell’Unione europea sull’alimentazione dei veicoli a motore – ma trova spazio anche nella cosmetica e nell’industria alimentare per la produzione di margarina o prodotti da forno. In alcuni casi è impiegato anche come farina per la zootecnia.
Merita attenzione anche sotto il profilo paesaggistico ed è una coltura che, insieme al grano duro e al girasole, rientra in quell’idea di Marche in giallo che Confagricoltura ha proposto come brand alla Regione Marche. Dopo l’abbandono della coltivazione della barbabietola, insomma, il colza si propone come oleaginosa valida alternativa al girasole, in quella coltura da rinnovo che favorisce una buona rotazione per i terreni marchigiani.
Il Consorzio Agrario di Ancona – principale centro di stoccaggio della regione anche per questa coltura, con una quota di mercato che supera il 20% – sta fornendo con i propri tecnici le ultime indicazioni alle aziende agricole, in vista della raccolta che partirà con i primi giorni di giugno.
Altalena dei prezzi del colza che sta colorando le Marche
Dimezzate le quotazioni rispetto al 2022, ma va un po' meglio del 2021
di Francesco Cherubini