Niente svolta. Almeno per il momento. Il decreto sblocca-rinnovabili atteso da un anno e mezzo, firmato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, non passa. Perplesse tutte le Regioni, sia sui criteri che identificano le zone idonee, sia per il target di potenza aggiuntiva che devono impegnarsi a raggiungere entro il 2030. Previsto a breve un altro confronto con il Ministro per trovare un nuovo punto di caduta.
A rappresentare le Marche l’assessore Andrea Maria Antonini (nella foto) con le deleghe all’energia e all’agricoltura. Condivide appieno l’ambizioso obiettivo del Governo di ridurre i consumi di energia da fonte fossile e di coprire il fabbisogno energetico con l’energia verde, ma non al prezzo di sacrificare il paesaggio storico agrario marchigiano e nemmeno accettando un impegno che non rientra nelle competenze dell’ente regionale.
«Nella proposta avanzata a fine settembre c’erano tante criticità – commenta l’assessore marchigiano – quindi, visti i tempi ristrettissimi, in tanti abbiamo chiesto di avere più tempo per poter analizzarla». Ribadisce che condivide «l’esigenza di implementare la produzione di energie da rinnovabili soprattutto considerando che le Marche sono una regione con un deficit energetico elettrico, ma non a quelle condizioni».
L’obiettivo del Governo è arrivare a produrre 2/3 di rinnovabili (eolico, fotovoltaico, geotermico e idrogeno) ed 1/3 di carbon fossile. Schema molto atteso dal mondo delle green energy e dai decisori locali. Contiene le nuove quote di ripartizioni regionali (Burden Sharing) dell’obiettivo FER nazionale al 2030. Le Regioni dovranno infatti spartirsi gli 80 GW di nuova capacità rinnovabile richiesta per la fine del decennio. La quota maggiore spetta alla Sicilia (10.382 MW); per l’Emilia Romagna, 6.255 MW; per la Toscana 4.212; per l’Abruzzo 2.067 e per l’Umbria 1.135. Le Marche devono garantire entro il 2030 una potenza aggiuntiva di 2.313 MW. Un obiettivo difficile da raggiungere considerando che, in dieci anni, dal 2010 al 2020, la Regione con grande sforzo è riuscita ad implementare la sua produzione di soli 980 MW. «Si tratta di un target che prima di accettarlo – interviene l’assessore Antonini – è necessario chiarire tutti i riferimenti utilizzati per il calcolo. Inoltre, le Regioni si prendono un impegno che non rientra nelle loro competenze. Chi deve investire e far raggiungere la quota sono i privati».
Poi, il problema dei criteri che identificano le aree idonee, che rende fondamentale questo nuovo decreto. Aiuta a velocizzare e semplificare la realizzazione dei grandi impianti fotovoltaici ed eolici definendo quello che rende una particolare zona “idonea” e, quindi, semplifica le procedure abilitative, e quello che, invece, la qualifica come “non idonea”.
«Prima di tutto, dobbiamo pensare – osserva Antonini – alla tutela sia del paesaggio, sia delle produzioni agricole. Non sono assolutamente favorevole a disseminare nella nostra regione pannelli fotovoltaici, tanto per essere chiari. Pertanto, dobbiamo trovare le giuste soluzioni e criteri che non vadano a mettere in discussione la finalità agricola del nostro territorio, che rimane prioritaria». Ricorda che la Regione sta anche valutando parchi eolici offshore, dove non ci sono problemi di impatto ambientale ed è garantita la costanza del vento.
Al 2021, la potenza elettrica installata nelle Marche è stata di 1.457,3 MW e rappresentava il 2,5% della potenza installata in Italia. Energia prodotta da 33.570 impianti certificati, di cui 50 eolici che producono 9,5 MW, 33.262 fotovoltaici (1149,9 MW), 189 Idrici (251,9 MW) e 69 Biomasse (36 MW). Virtuose, le Marche, con un 19,1%, avevano così raggiunto e superato le quote di Burden Sharing fissate per il 2020 di 15,4%.