La produzione di asparago – in calo nei consumi in tutt’Italia (-23%) – nelle Marche vanta una crescita a due cifre (+30,7%), in particolare negli areali vocati come il fermano. Il problema è il consumo che si limita alla primavera, un pregiudizio che impedisce lo sviluppo di quest’orticolo davvero interessante anche nella versione “selvaggio”.
Nell’asparago, Patrizia Nicolini, agronoma, ci crede. Lungo il Tenna, in contrada Girola di Fermo dedica all’asparago verde biologico 7 ettari. Nasce in asparagiaie che hanno da 3 a 10 anni e, confrontato all’asparago selvatico, risulta più sapido, più dolce, edibile dalla punta fino alla base del turione. Il raccolto è già in corso e andrà avanti fino ai primi di giugno. “Fine maggio – corregge – se è siccitoso ma si può compensare irrigando e, quindi, prolungare il raccolto anche fino a metà giugno. Ma non è detto che il consumatore acquisti il prodotto. Con il tempo bello preferisce altri orticoli”.
Ed ecco il pregiudizio che bullizza l’asparago. “A differenza del carciofo – spiega – è considerato un prodotto prezioso e stravagante perché non rientra nella normale routine alimentare tutto l’anno nonostante i suoi tanti pregi funzionali ed antinfiammatori”.
Quel lato “prezioso” dell’asparago fresco fa che il suo prezzo abbia generato una contrazione degli acquisti l’anno scorso in Italia. Stando ai dati GfK Italia, elaborati da CSO Italy di Ferrara, risulta che le 27.400 tonnellate comprate nel 2021 sono diventate di poco inferiori alle 22 mila. Un -23% che fa che la percentuale di famiglie che acquistano prodotto almeno una volta l’anno è scesa al 35% mentre prima oscillava fra il 40 ed il 41%. Ciascuna famiglia ha acquistato nel 2022 mediamente 2,45 kg/annui (-8%) per una spesa di 11,66€ (-14%).
Numeri che fanno la differenza per chi investe in quest’orticolo impegnativo: richiede concimazione, tanta pulizia e una raccolta manuale e, quindi, costi di cui la Gdo non tiene conto preferendo prendere a riferimento le offerte del mercato globale dominato dalla Cina, poi dal Perù (primo player mondiale export), Messico, Germania (il principale produttore ed importatore europeo) e Spagna. La produzione esclusivamente di asparagi verdi nelle Marche rappresenta il 0,9% del mercato nazionale, ma, come detto, è in aumento. Capofila è Fermo con 11 ettari, segue Ancona (8), Macerata (7), l’ascolano (3) e il pesarese (2).
E poi c’è l’asparago selvatico. Nei boschi sardi alimenta una preziosa microeconomia nelle aree montane basata sul conferimento ad un operatore centrale. Oggi, è distribuito in tutt’Italia Centrale e vale da 18 a 20 euro al kg. Un format che le Marche potrebbe copiare e in un modo sostenibile. Questo perché, Paola Deligios è da gennaio il docente di agronomia e coltivazioni erbacee alla Politecnica delle Marche e, all’Università di Sassari, si è specializzata sulla messa a punto della tecnica vivaistica, punto di inizio per agevolare la coltivazione di questa specie ed evitare il depauperamento della risorsa naturale. Un’altra leva per la multifunzionalità delle aziende agricole che, tuttavia, impone una ricerca specifica sulla caratterizzazione della biodiversità dell’Asparago Marchigiano.
Fonti: Istat 2022, Ismea
L’Italia rappresenta il 2,9% del mercato mondiale (1° è la Cina con 93 mila ha)
Nel 2022: 6291 ha (di cui il 20% asparagi bianchi) per 397.334 quintali.
Puglia (50%), Veneto (21%), Emilia-Romagna (8%) le regioni più produttive
Le Marche hanno 31 ha e producono 2045 quintali.