La crescente domanda da parte dei consumatori di beni non solo sostenibili sul piano ambientale, ma anche eticamente prodotti, se unita ai progressi nelle tecnologie di lavorazione, potrebbe migliorare la competitività delle tante fibre naturali. Il rilancio della canapa e del lino, così come il recupero della seta o le sperimentazioni sul cotone, rappresentano una mossa strategica verso un’industria tessile sostenibile ed economicamente solida, nonché una significativa opportunità per le imprese agricole che alimentano queste nuove filiere green.
Proprio di tali aspetti, e sfide, si è parlato nel recente convegno svoltosi alla fiera di Rimini in occasione di Ecomondo 2024. Un appuntamento molto partecipato organizzato da Confagricoltura in collaborazione con il Crea. A moderare l’incontro Antonio Trionfi Honorati, presidente per la provincia di Ancona dell’Unione Agricoltori ma anche antesignano nella coltivazione e valorizzazione della canapa. Il presidente Trionfi ha introdotto i lavori sottolineando come certi obiettivi ambiziosi necessitano innanzi tutto di una migliore collaborazione tra operatori della filiera e mondo della ricerca per favorire la condivisione delle conoscenze ed il trasferimento dei risultati.
A tal proposito Silvia Cappellozza, dirigente di ricerca CREA Agricoltura e Ambiente, ha sottolineato quanto sia oggi doveroso iniziare ad investire sulla produzione di seta europea, se non addirittura italiana. I grandi marchi della moda e le storiche aziende del tessile nazionale dipendono, infatti, al 100% da approvvigionamenti esterni. A farla da padrone è la Cina con il 95% delle importazioni, seguita dal Brasile. Le condizioni per poter riavviare una filiera nazionale del baco da seta oggi ci sarebbero, l’interesse degli agricoltori anche. Un percorso in tal senso, oltre a valorizzare ancora di più i capi del made in italy, permetterebbe di rimodulare la nostra dipendenza da fonti estere, quanto meno riducendola.
Stessi obiettivi, se pur con materie prime diverse, quella riportata da Giuseppe Mandolino, primo ricercatore CREA Cerealicoltura e colture industriali. Il ricercatore ha ricordato la secolare tradizione italiana di coltivazione della canapa, interrottasi negli anni ’60, che sta trovando oggi una inversione di tendenza sempre più marcata. Per permettere che sia, però, davvero un’alternativa concreta alle altre colture contemporanee è necessario investire in ricerca, innovazione e miglioramento genetico. Passaggi fondamentali per adattare al meglio la pianta non solo al nuovo contesto climatico ma anche alle diverse possibili applicazioni che il mercato richiede. Le difficoltà legislative che, da anni, incombono su tali colture richiedono però anche una migliore razionalizzazione delle fonti di diritto. Del resto, l’attuale divieto alla vendita della c.d “cannabis light” è un aspetto che rischia di intaccare profondamente l’intera filiera, anche quella tessile.
Ulteriore approfondimento quello posto da Pasquale Campi, ricercatore CREA, che ha focalizzato il suo intervento su un’altra pianta da fibra, un tempo diffusa anche nella penisola: il lino. Coltura che sta vivendo un ritorno ancora modesto (circa 100 ettari al sud) a causa dell’assenza di una filiera sfruttabile. L’Italia, del resto, avrebbe un clima particolarmente adatto al lino, soprattutto il meridione. Pianta che garantisce anche una sostenibilità notevole grazie al basso apporto irriguo e alla resistenza allo stress idrico. Importante per poter avviare un processo serio di ritorno di tali coltivazioni sarebbe l’implementazione della filiera collegata con lavorazione e trasformazione locale.