Ha preso il via da qualche giorno la campagna di raccolta del colza, coltura proteaginosa che nelle Marche è coltivata in circa 2.400 ettari, pari ad oltre il 10% su base nazionale. E le prime indicazioni sono ancora contrastanti. Dalle consegne ai centri di ammasso del Consorzio Agrario di Ancona, collettore di riferimento per le imprese agricole marchigiane anche per questa coltura, si registrano valori differenti da zona a zona.
In quella a maggiore produzione, vale a dire la valle del Musone e comunque l’ampio areale a cavallo tra le province di Ancona e Macerata, i primi raccolti registrano una media di 20 quintali ad ettaro rispetto ai 30 dello scorso anno.
Il centro di stoccaggio di Osimo del Consorzio sta raccogliendo i mugugni degli agricoltori: alcuni di essi, provenienti dalla zona della Vallesina tra Jesi e Chiaravalle, si sono trovati ad avere appena 12 quintali ad ettaro. Tanto da far esultare chi è riuscito a spuntare 25 quintali. “I 20 quintali ad ettaro – evidenziano dal Consorzio – sono la soglia limite al di sotto della quale si è in presenza di una coltivazione in perdita”.
Va detto che siamo ancora all’inizio della campagna e c‘è un buon 65% da raccogliere. Una decina di giorni di sole, senza piogge, a detta dei tecnici, dovrebbe garantire qualche quintale di più ad ettaro. Un bilancio finale, dunque, si potrà fare solo a campagna conclusa.
Ben diversa la situazione che si registra all’agenzia di Ostra del Consorzio, punto di riferimento delle aziende agricole delle vallate del Misa e del Nevola. Qui, seppure siamo appena all’inizio della campagna, i 30 quintali ad ettaro sono stati raggiunti dalle prime aziende che hanno conferito il seme, compensando la scarsa produzione registrata lo scorso anno.
E proprio l‘alternanza di produzione e la differenza tra le varie vallate delle Marche sono gli aspetti che i tecnici mettono in luce per spiegare la diversa risposta dei terreni. In particolare, laddove lo scorso anno la raccolta aveva raggiunto quote significative – come appunto tra il sud della provincia di Ancona, quest’anno si è registrato un crollo produttivo; viceversa meglio sembra che possa andare a chi veniva da una campagna scadente.
Va aggiunto, fanno notare dall’agenzia di Ostra del Consorzio, che nelle vallate del Misa e del Nevolal la siccità di settembre ed ottobre ha impedito una buona preparazione dei terreni per le semine, indirizzando le imprese agricole verso alternative come il sorgo, le leguminose o il girasole E questo lo hanno notato anche i cittadini, visto che il colza abitualmente colora di giallo il mese di maggio e gli inizi di giugno, contribuendo a caratterizzare il paesaggio marchigiano.
Ma al di là dell’aspetto bucolico, il colza rappresenta una coltura importante per molte aziende agricole, soprattutto per garantire un’adeguata rotazione da affiancare a cereali e girasole. Sotto il profilo agronomico, questa coltura, pur necessitando di una conduzione abbastanza tecnica (durante la quale precisione e metodo sono fondamentali) si contraddistingue per svariati aspetti positivi. Il suo essere una semina da rinnovo garantisce un miglioramento della fertilità e della struttura stessa del terreno anche grazie all’apparato radicale fittonante. Notevole, inoltre, anche la capacità di gestione delle infestanti tramite la diversificazione dei principi attivi utilizzati in campo ed alla naturale competizione che questa instaura con le malerbe. Non ultimo, ugualmente interessante, la redditività che mediamente il colza riesce a garantire data la costante richiesta di questo prodotto da parte del mercato. Certo, fino a che la raccolta raggiunge quantitativi sufficienti.
Dal seme di colza si ottiene un olio destinato principalmente all’industria chimica per la fabbricazione di biodiesel e lubrificanti, ma trova spazio anche nella cosmetica e nell’industria alimentare per la produzione di margarina o prodotti da forno. Lo scarto della lavorazione è invece destinato alla produzione mangimistica.