Commissione lavoro, il giudice sconfessa la Regione

Accolto il ricorso di Confagricoltura Marche: "Stop alla discrezionalità"
Politica

È certamente una decisione importante, quella assunta dal Consiglio di Stato con sentenza 6452 del 4/7/2024, destinata a chiarire definitivamente alcuni principi basilari circa la rappresentatività fra le organizzazioni datoriali. Una disposizione, solo apparentemente per addetti ai lavori, che non solo accoglie le richieste di Confagricoltura ma fissa – per la prima volta nel settore agricolo- quali debbano essere i criteri corretti per l’individuazione delle organizzazioni più rappresentative.

Il ricorso contro la delibera della Giunta regionale

Motivo della decisione un ricorso presentato dall’associazione degli agricoltori marchigiani (rappresenta dall’avvocato Settimio Honorati del foro di Ancona) contro una delibera di Giunta della Regione Marche, datata 2021, con la quale si nominavano i membri della Commissione regionale lavoro. Tale organo è spazio di concertazione e proposta delle politiche attive del lavoro di competenza regionale, esprime pareri obbligatori in materia e vigila sulle corrette modalità di attuazione degli interventi. Un luogo importante dove, a rigor di logica, difficilmente si sarebbe potuta escludere la maggiore organizzazione dei datori di lavoro nel settore agricolo regionale, come invece fatto nelle Marche. Da qui la decisione di Confagricoltura di ricorrere contro la delibera regionale, censurando in particolar modo alcuni criteri alla base della decisione assunta dall’ente.

Le motivazioni del Consiglio di Stato

Il primo punto fermo, accolto dal Consiglio di Stato, è stato proprio il fatto che il semplice numero degli iscritti delle organizzazioni non possa essere un elemento di valutazione oggettivo per individuare le realtà maggiormente rappresentative. Occorre, invece, fare riferimento alla quantità di aziende associate che siano anche datori di lavoro e non al semplice numero di “tessere” come, invece, fatto dalla Regione.

Una volta assodato tale aspetto i giudici amministrativi si sono poi spinti oltre, individuando un secondo elemento parimenti rilevante: la valutazione del numero dei dipendenti delle imprese associate e la partecipazione, di queste, alla contrattazione collettiva.

Solamente questo ultimo parametro, quindi, è meritevole di attenzione e consente di dare un diverso e maggior peso alle associazioni che svolgono la vera attività sindacale (la contrattazione collettiva), rispetto a quelle associazioni che non se ne interessano ed hanno rivolto la propria assistenza semplicemente alle problematiche burocratiche delle aziende. Conseguentemente l’esclusione di Confagricoltura Marche, effettuata dalla Giunta sulla base di criteri errati e tutta l’altro che oggettivi, è stata ritenuta infondata stabilendo un principio destinato a creare un precedente importante a livello nazionale.

La soddisfazione di Confagricoltura

Grande la soddisfazione espressa da Confagricoltura che, tramite il direttore regionale Alessandro Alessandrini, definisce la decisione del Consiglio di Stato “una sentenza destinata a fare scuola che non solo riconosce la rappresentatività della nostra organizzazione in sede di Commissione Lavoro ma ristabilisce, finalmente, il corretto ruolo che Confagricoltura ha da oltre un secolo. La nostra è, da sempre, una realtà che riunisce non dei semplici agricoltori ma dei veri e propri imprenditori che creano occupazione e valore aggiunto al territorio, con aziende agricole strutturate ed organizzate.”

Chiaro in tal senso il riferimento ad un passaggio in particolare della sentenza. I magistrati, infatti, hanno ritenuto irragionevole la scelta della Regione Marche di non applicare criteri oggettivi (il numero di imprese che assumono mano d’opera, quantità di lavoratori alle dipendenze delle realtà iscritte, mole di contrattazione collettiva svolta) basandosi semplicemente sul numero di tessere.

“Le organizzazioni non sono, o non dovrebbero essere, movimenti politici- continua il direttore Alessandrini- e l’importanza e l’autorevolezza di queste non può basarsi solo sul numero di teste fatte iscrivere o sula quantità di bandiere colorate sventolate in piazza. La speranza è che le nostre istituzioni inizino finalmente a distinguere fra chi rappresenta gli interessi di un settore produttivo importante e strategico e chi, invece, ha preferito abdicare a tale ruolo per occuparsi di manifestazioni, convegni o mercatini di piazza”.

Da parte sua, l’avv. Settimio Honorati chiosa: “La sentenza è estremamente rilevante anche sul piano prettamente giuridico, in quanto riduce drasticamente il potere discrezionale delle pubbliche amministrazioni chiamate ad individuare i sindacati datoriali maggiormente rappresentativi, una questione che va dunque al di là del semplice caso oggetto del ricorso. Viene difatti precisato che la scelta da parte della pubblica amministrazione dei criteri di valutazione può essere sindacata dal Giudice Amministrativo non rientrando più una mera discrezionalità dell’ente”.

Tags: commissione lavoro, Confagricoltura Marche, Consiglio di Stato, in evidenza

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