Nell’ultimo periodo stiamo assistendo all’apertura del mercato a “nuovi” prodotti alimentari, con tutte le polemiche, i dubbi e le riflessioni che ne conseguono. A tal proposito abbiamo voluto sentire l’opinione di Antonio Trionfi Honorati (nella foto), imprenditore agricolo, proprietario dell’omonimo allevamento bovino e bufalino a Jesi nonché presidente di Confagricoltura Ancona.
Presidente Trionfi quali pericoli per il settore zootecnico possono portare questi nuovi cibi?
“Personalmente ritengo che si debba partire da una considerazione generale: che si tratti della cosiddetta “carne coltivata” realizzata tramite bio-reattori (e già la parola “reattore” dovrebbe lasciare perplessi), oppure ricette a base di insetti (e di questi giorni è l’annuncio che un’azienda marchigiana sarà la prima in Italia a poter produrre e commercializzare farina di grillo), siamo veramente sicuri che debbano essere uno spauracchio per noi allevatori?”
In molti, però, sostengono che questo rappresenterebbe la fine per i nostri allevamenti…
“Partiamo dalla carne coltivata. Chi si avvicinerà a questo cibo, fatta salva la curiosità generale del primo periodo, saranno perlopiù i vegani o chi per motivi etici non consuma carne “allevata” per una particolare attenzione nei confronti dell’animale, probabilmente attirati dal metodo di produzione “incruento”. Questi non sono e non saranno mai, comunque, nostri clienti quindi con loro noi allevatori non perderemo quote di mercato. Chi ama il prodotto naturale, quello allevato nel rispetto delle migliori regole del benessere animale, non credo si farà corrompere da tali alimenti. Cosa diversa sarebbe laddove una politica studiata ad hoc, che la spinga e la privilegi, renda economicamente più “appetibile” questo prodotto. È, quindi, sul tavolo delle scelte politiche che si giocherà questa partita ed è proprio lì che dovremo vigilare affinché non vengano calati assi all’ultimo minuto. Stesso discorso per quanto riguarda la farina di insetti, Le faccio un esempio: a Milano, quando è stato proposto l’hamburger di grilli al prezzo lancio di 13,90 euro a panino, c’è stata la fila, credo il primo giorno poi calma piatta, del resto sfido chiunque a voler/poter spendere 14 euro per siffatto prodotto”.
Una delle preoccupazioni riguarda anche l’adeguata trasparenza per il consumatore?
“Qui mi riallaccio al quanto detto prima, la vera vigilanza va fatta affinché sia sempre garantita la possibilità di sceglier in maniera consapevole. Il vero problema è la comunicazione: le farine di grillo, di larve ed affini dovranno essere trattate come gli allergeni, evidenziate in grassetto, messe in risalto, con nomi comprensibili e non con le definizioni scientifiche, magari in latino, cosicché il consumatore possa conoscere e di conseguenza “scegliere” consapevolmente come nutrirsi e di cosa nutrirsi. La scelta è il paradigma della libertà. Fondamentale è la giusta informazione che ci permetta di esercitare la libertà di scelta”.
Dei falsi problemi quindi che non risolverebbero le vere criticità dei nostri allevatori?
“Sono convinto che il problema vero della zootecnia marchigiana sia un altro. Eravamo una regione votata all’allevamento “nomen omen” la razza Marchigiana, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Poi, politiche alternative ne hanno dettato la quasi scomparsa, mentre è floridissima in Sudamerica. Siamo la penultima regione per numero di capi, nonostante la presenza del terzo polo italiano per la trasformazione del latte, la Cooperlat-TreValli. Il fieno prodotto nelle Marche è conosciuto ed apprezzato in tutta Italia, soprattutto per la produzione di Grana, se non nel mondo (vedasi l’esportazione nei Paesi Arabi). Ma, il colmo è che non ne rimane più per noi che siamo ormai pochi allevatori “resilienti”, se non ad un prezzo insostenibile. Ed allora dov’è la tanto inneggiata filiera corta? Leggi dettate da “ignoranti” (che ignorano e non hanno la minima idea di ciò su cui stanno legiferando), burocrazia folle, insostenibilità economica”.
Un settore troppo spesso oggetto di una legislazione contraddittoria dunque?
“Sembra che noi, agricoltori/allevatori passiamo il nostro tempo a lamentarci delle nostre alterne fortune e a mendicare un tozzo di pane da un’Unione Europea che ci percepisce come degli intossicatori del mondo. Noi, nessuno escluso, siamo più che orgogliosi del nostro lavoro e saremo felicissimi se fosse adeguatamente ricompensato, rendendoci scevri dalla necessità di contributi elargiti a mo’ di carità. Ma viviamo in un mondo alterato da una comunicazione che crea delle false percezioni. Si pensa alla sostenibilità, ma a senso unico, quello imposto e dettato da altri. Per combattere la tanto citata CO2 sono indispensabili le piante e indovina cosa facciamo noi agricoltori? Coltiviamo piante, in tutte le loro declinazioni. Siamo anche noi che aiutiamo a tenere “pulito” il pianeta, invece veniamo additati come i distruttori di Madre Terra. L’acqua che bevono i nostri animali non scompare, non si distrugge ma rientra nel circolo naturale, appunto, dell’acqua. Impianti energetici alimentati con le loro deiezioni permettono di recuperare il metano prodotto e farne energia pulita. Sicuramente tutto dovrebbe ricadere in un concetto di buon senso. Ma la saggezza contadina, quella fatta di ottimizzazione, di filiera corta, di cura ed attenzione per il territorio, di salvaguardia delle api, le nostre migliori ed indispensabili amiche, è molto più nelle nostre corde di quanto non lo sia in quelle di asettici burocrati”.
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