“Dazi-Day”, cauti i produttori marchigiani di vino

Il mercato Usa assorbe il 5% della produzione regionale, che sale al 10% in valore
Economia
di Veronique Angeletti

Domani, mercoledì 2 aprile, sarà il dazi-day per l’agroalimentare europeo destinazione Stati Uniti. L’amministrazione Trump svelerà i nuovi dazi. Si parla di 25%, ma c’è chi avanza l’ipotesi di percentuali molto più alte, con un impatto sulla filiera vitivinicolo che non sarà indolore.

Roberto Rotari

Un problema che le cantine marchigiane affrontano con calma e ratio. Roberto Rotari, direttore commerciale dei vini Santa Barbara, ad esempio, già durante la campagna elettorale di Trump, ha assecondato il suo importatore rifornendo delle etichette più richieste. La cantina esporta il 35% della sua produzione di cui il 10% va negli Stati Uniti. «C’è preoccupazione – interviene – ma conviene vedere cosa decideranno». Il che non frena la semina. Gli ultimi giorni di settembre, Stefano Antonucci ha fatto un road wine tour partendo da Chicago dove a Eataly ha firmato le sue bottiglie come se fosse una star. Motivo per cui non ha presenziato la cena di Gala del G7 a Siracusa dove il suo Verdicchio classico superiore 2022 accompagnava un riso firmato dal pluristellato Bottura.

Angela Velenosi

Perché dazi o non dazi, gli Stati Uniti sono un mercato di riferimento. Ne è convinta anche Angela Velenosi dell’azienda vitivinicola omonima dell’ascolano. «Germania e Usa – osserva – sono sempre stati il punto di riferimento delle Marche e ci abbiamo tutti investito». Due settimane fa, mentre era a Mosca, sua figlia Marianna, promuoveva la cantina al Rosso Tasting di New York. «Il cambio di paradigma – commenta – è dettato purtroppo dall’incertezza e l’insicurezza che stanno crescendo dall’inizio dell’anno e condizionano i mercati. Uno scenario mondiale in cui i dazi saranno l’ennesima mazzata». Ma è nel ruolo di primo piano conquistato dagli Usa come paese consumatore di vini pregiati che basa la sua linea d’azione. «Gli americani – incalza – hanno una cultura del vino e non sono sostituibili cogliendo opportunità in altri mercati dove ancora prima di proporre le nostre etichette, dobbiamo spiegare cos’è il vino». La soluzione? «Puntare ad un dialogo costruttivo rispettoso dei valori e delle economie».

Michele Bernetti

Un approccio realistico e propositivo condiviso da Michele Bernetti dei vini Umani Ronchi. Non nega che il danno c’è. «Meno di regioni come il Veneto e la Toscana – spiega – ma se le nostre cantine non sono colpite nei volumi (gli Usa assorbono il 5% della produzione vitivinicola marchigiana), lo sono nei valori (quasi il 10% del valore complessivo) proprio perché apprezzano vini pregiati e hanno una buona capacità di spesa, il che consente ai nostri vini di raggiungere i prezzi medi più alti di esportazione. Al momento – riassume – non possiamo che aspettare per poi adottare contromisure ed affrontare meglio il mercato». Per Bernetti, c’è spazio ad una politica di sostegno regionale all’export. Il che collima con la politica dell’Atim che proprio questo fine settimana, al Washington Travel & Adventure Show, presenta le Marche come una destinazione autentica e fuori dei sentieri battuti che fa rima con l’enoturismo e l’accoglienza in cantina.

Che le Marche credono da tempo negli Usa lo si vede inoltre negli investimenti promozionali dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Imt). Dal 2014 ha investito 4,5 milioni di euro. «Proprio ieri (venerdì per chi legge) – annuncia il direttore Alberto Mazzoni – il Commissario all’Agricoltura europea ha presentato un pacchetto vino che sarà un valido supporto per le cantine». Propone di estendere da tre a cinque anni i cofinanziamenti per i piani promozionali del settore vitivinicole in paesi non Ue, di dilatare le autorizzazioni ai nuovi impianti fino a 8 anni e un Qr Code in etichetta per agevolare il consumatore. «Tre misure – conclude Mazzoni – che consentiranno alle aziende di avere una visione più strategica e lungimirante in merito agli investimenti».

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