“Un altro problema che rende difficile la commercializzazione dei prodotti sono i mattatoi. Sempre meno, soprattutto al centro delle Marche, e spesso privi della Certificazione UE che permette il confezionamento idoneo alla commercializzazione. È un po’ come fare il vino senza uva”. Con queste parole il prof. Rodolfo Santilocchi dell’Università Politecnica delle Marche aveva concluso il suo discorso sulla norcineria marchigiana lo scorso febbraio a Cupramontana, nel corso di un evento dedicato alla Coppa con il pecorino della Vallesina, entrata nei Pat.
La valorizzazione dei salumi storici aveva dato a Santilocchi, in quell’occasione, il pretesto per sollevare l’attenzione su una problematica fondamentale per l’allevamento regionale, ovvero la mancanza dei mattatoi: sempre meno, soprattutto nelle aree interne. È da tale situazione, aggravata dal sisma del 2016, che nasce il nuovo progetto capitanato da Firab Marche per realizzare un mattatoio mobile che, specie nelle aree interne, offra un servizio, ormai quasi introvabile, di macellazione.
Un progetto che parte dall’emergenza
Il nuovo mattatoio mobile è il risultato di un lavoro nato per rispondere alle esigenze dei piccoli allevatori dell’entroterra, particolarmente colpiti dalla chiusura dei macelli di Visso, Camerino e Sefro dopo il sisma che ha colpito il centro Italia. A parlarcene è Annette Habluetzel, referente del progetto: “la struttura – spiega – è stata finanziata grazie al bando PSR misura 16, con l’obiettivo di garantire un servizio accessibile agli allevatori che faticano a gestire i costi di trasporto e macellazione presso impianti spesso lontani”.
“L’assenza di un servizio accessibile – aggiunge – spinge spesso molti allevatori a rivolgersi al mercato nero o a lasciare morire gli animali invecchiati nei pascoli, esponendo il territorio a problemi di sanità pubblica e alla diffusione di malattie come l’echinococcosi”. Ogni anno nella regione, vengono di fatto dichiarate perdute dal 5 al 10% delle pecore.
La struttura dell’impianto e le specifiche tecniche
Il prototipo realizzato misura 9 metri di lunghezza e 2,40 metri di larghezza, “uno spazio che permette il lavoro simultaneo di due operatori”, come spiegato da Habluetzel. Dopo mesi di test e prove tecniche con il supporto di AST e veterinari, l’impianto ha ricevuto il nulla osta sanitario dalla Regione, e la funzionalità è stata valutata positivamente dall’ispettore incaricato.
La capacità di macellazione massima al giorno è di circa 30 ovini o 10-12 suini; tuttavia, la macellazione dei suini richiede giorni dedicati per ottimizzare il riscaldamento dell’acqua (per alimentare l’impianto occorrono 25 kW di energia, mentre per gli ovini bastano 15 kW).
La problematica dei costi
Il costo per la macellazione ricalca il prezzo fatto dai mattatoi tradizionali con una spesa di circa 56 euro per i suini, 10 euro per gli agnelli e 15 euro per gli ovini adulti. Ogni giornata di attività può generare circa 500 euro di entrate, bilanciate tuttavia da costi operativi, energetici e di smaltimento rifiuti di più di 1000 euro al giorno. “Per garantire la sostenibilità economica del progetto è fondamentale il coinvolgimento di un gruppo di comuni o di un ente non profit in grado di gestire e supportare le operazioni del mattatoio”, ha aggiunto così Annette, anticipando una delle principali problematiche del servizio, ovvero la sua sostenibilità.
Le sfide per la gestione sostenibile: smaltimento delle acque e logistica
Una delle principali sfide del progetto riguarda, ad esempio, lo smaltimento delle acque, che necessitano di depuratori industriali difficili da reperire, poiché contengono alte percentuali di sangue e necessitano di trattamenti specifici. Inoltre, la collocazione itinerante della struttura, che necessita di una postazione centrale per servire i comuni dell’entroterra.
L’ideale sarebbe una gestione condivisa e coordinata. Alcuni Comuni hanno già mostrato il proprio interesse, come Muccia, Montecavallo e Visso. A Muccia Maddalena son state anche svolte le giornate di presentazione del prototipo; appuntamenti che, come raccontato da Annette, hanno riscontrato un’importante partecipazione da parte degli agricoltori.
Una soluzione sostenuta dall’Europa
Da una parte dunque, problematiche di gestione che, indubbiamente, devono incontrare proposte di risoluzione. Dall’altra, l’interesse oggettivo delle realtà locali, fattore che evidenzia come, effettivamente, il servizio compensi una problematica importante del territorio. Ad arrivare in soccorso per aggiustare il tiro, potrebbe esserci l’esempio di altri paesi europei dove, i mattatoi mobili, sono già da anni operativi. “In paesi come Grecia, Francia e Germania – conclude Annette – dove l’industrializzazione delle macellerie è più avanzata, gli allevatori dovevano trasportare gli animali per centinaia di chilometri, così sono nati anni fa questi mattatoi mobili in grado di dare una risposta efficiente, appoggiata dagli allevatori e dall’Unione stessa che si è espressa in favore”.
Un altro fattore a sostegno della credibilità di un progetto che, in grado di garantire un prodotto certificato, costi più bassi di macellazione ed una gestione facilitata di una fase fondamentale della filiera, si rivelerebbe fondamentale per il benessere intero delle comunità rurali, dei suoi allevatori e della regione.