Giuseppe Oricchio, proveniente dalla Campania, si è aggiudicato la ventesima edizione del Concorso Nazionale di Potatura Olivo a Vaso Policonico “Forbici d’Oro 2025” organizzato da Amap in collaborazione con Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli. Oricchio ha prevalso di misura su Mirko Giusti (Toscana) e Nicola Samorì (Emilia Romagna), ma sono stati in tanti – tra i 56 partecipanti provenienti da 14 regioni– a meritare punteggi elevati da parte della giuria.

Al di là dei meritati riconoscimenti, c’è da dire che l’appuntamento tenuto a Monte Roberto, in provincia di Ancona, è stato un vero successo, baciato da una giornata quasi estiva che ha visto i concorrenti chiamati a operare su tre piante in 30 minuti con potature di riforma. Gli esemplari sono stati infatti scelti tra piante mal impostate, con eccessiva quantità di legno strutturale e dunque con la necessità di ritrovare una forma che ne migliorasse la produttività ma anche lo stato di salute complessiva.

Barbara Alfei di AMAP, presidente della Giuria, ha evidenziato una crescita professionale notevole da parte dei potatori, messi alla prova in maniera importante sia per le competenze tecniche, ma anche la prestazione fisica, considerato il volume e l’altezza complessiva delle piante, esemplari storici di varietà autoctone del territorio. Prima della cerimonia di premiazione, la Alfei ha dato il via alle “Pillole verdi”, introducendo il concetto di Olivosfera – olio, natura e benessere, un progetto culturale e divulgativo, targato Amap, ideato per raccontare e valorizzare il mondo dell’olivo non solo come pianta, ma come simbolo identitario di territori e comunità, elemento vitale del paesaggio e della cultura italiana. “Una pianta magica – ha detto – con lo stesso numero di cromosomi del genere umano, intelligente e longeva, paziente e resiliente, che si fa voler bene, e racconta un ambiente sano, capace di regalare benessere sia fisico che psicologico. Ecco dunque che l’attività del potatore professionista garantisce opportunità di salute per il potatore, per la pianta e per l’ambiente, oltre ad un ritorno di reddito per le aziende agricole, riduzione dell’abbandono, e possibilità di lavoro per le giovani generazioni. Dall’olivo all’olio – ha aggiunto – un prodotto che fa bene alla salute: l’olio di qualità è alla base della dieta mediterranea, grazie alla peculiare composizione acidica e agli antiossidanti naturali (polifenoli); la ricchezza della biodiversità olivicola marchigiana, oltre che italiana, offre la possibilità di garantire prodotti dotati di forte identità, legati al territorio, in grado di dare soddisfazione al consumatore, nell’utilizzo quotidiano nella gastronomia, per gli aspetti sia nutrizionali e salutistici, sia sensoriali”.

“La pianta è un soggetto vivente – ha aggiunto Giorgio Pannelli, punto di riferimento in tema di potatura – e deve esserci un reciproco interesse con l’olivo per lavorare in armonia. Per conoscere l’olivo occorre vestirsi di modestia, accettare l’idea di non sapere, essere sempre disponibili ad imparare concetti nuovi. Nuovi, già, ma ancorati al passato, perché di fatto esiste una sola potatura vera, quella a vaso policonico che rispetta le esigenze della pianta e quelle del produttore. Ma che rispetta anche quelle ambientali: sto ricevendo sempre più testimonianze del fatto che tale tipo di potatura garantisce un risparmio idrico. Non vi sono evidenze scientifiche, anzi meriterebbero di essere compiute, ma che un olivo potato a vaso policonico possa soffrire meno la siccità è plausibile, perché è una pianta ridotta all’essenziale nella struttura legnosa, mentre è favorita una parte produttiva di frutti con più olio dentro”.

Potatura centrale nella gestione di un oliveto, ma non da sola. Lo ha ricordato Enrico Maria Lodolini, docente di arboricoltura all’Università Politecnica della Marche, che si è invece soffermato sul ruolo dell’inerbimento che non significa abbandono alle erbe spontanee, ma strategie di allettamento, con sfalci e triturazioni. Anche con inerbimenti parziali o interfila, comunque in grado di evitare l’erosione del suolo. “L’inerbimento in olivicoltura aumenta la sostanza organica, riduce gli imput esterni di concimi di sintesi, consente ai microrganismi di lavorare meglio, mantenendo una micro-ossigenazione del terreno. Favorisce insomma un approccio più sostenibile, oltre a garantire risparmi notevoli”.