Sono veramente pochi gli eventi di portata storica, così carichi di emozioni, memorie e riflessioni come la morte di un Papa. La recente scomparsa del Sommo Pontefice Francesco, quindi, non poteva che portare con sé una lunghissima serie di ricordi, testimonianze ed attestazioni di rispetto provenienti non solo da ogni angolo della terra ma anche da parte degli esponenti del mondo produttivo, sociale, istituzionale e politico internazionale.
Circostanza dovuta a colui che, per oltre un decennio, non solo ha guidato una immensa comunità in qualità di Vicario di Cristo e Sommo Pontefice della Chiesa Universale, ma che lo ha fatto amplificando il proprio messaggio nell’era dei social media e della comunicazione globale.
Fra le tantissime questioni, i molti problemi e le mille difficoltà sulle quali il Papa si è espresso nel corso del suo pontificato vi sono alcuni aspetti che non possono che essere ricordati per la grande attinenza e vicinanza con il mondo agricolo odierno. Prese di posizione, riaffermazioni di principi e valori letteralmente universali ed in grado di accumunare chiunque nel mondo svolge questo mestiere.
Fin da subito il Pontefice non ha esitato a definire gli agricoltori “custodi della creazione” riconoscendo il valore insostituibile del loro lavoro nel mantenere viva la relazione tra l’uomo e la natura. Un Papa sempre attentissimo alle tematiche ambientali, ai cambiamenti climatici ed alle conseguenze da essi scaturite (migrazioni, povertà, carestie, etc.).
Durante il suo pontificato, Papa Francesco ha incontrato più volte delegazioni di agricoltori, allevatori e pescatori, ascoltando le loro difficoltà e riconoscendo nell’agricoltura una fra le vocazioni più elevate dell’uomo. Il lavoro “delle mani”, il rispetto dei tempi di cicli e stagioni, la nobiltà di un operato estremamente materiale e concreto ma indispensabile per l’intera collettività. Tutti aspetti che, in moltissime occasioni, il Pontefice ha sempre voluto ricordare e sottolineare anche nei suoi atti più solenni ed importanti evidenziando anche il legame indissolubile fra agricoltori ed ambiente.
Nell’enciclica “Laudato Si” del 2015, del resto, precisò molto bene il rapporto che l’uomo dovrebbe avere con la Terra e le sue creature. Introdusse il concetto dirompente di uomo custode, e non padrone del creato, affermando qualcosa che chiunque si occupa di agricoltura conosce molto bene. Un documento nel quale riaffermò anche l’importanza di un’agricoltura sostenibile e del rispetto per la terra, sottolineando il valore del cibo come bene primario e diritto universale. Parole non solo di forma ma volte a riaffermare la necessità di garantire la sicurezza alimentare per tutti, nel rispetto non solo dell’ambiente ma anche della dignità del lavoro agricolo contrastando le speculazioni che rappresentano il vero male per gli agricoltori di qualsiasi parte del mondo. Principi riaffermati anche nel corso del Sinodo per l’Amazonia del 2019 in cui si è sancita l’importanza di un’agricoltura sostenibile, della protezione della biodiversità nonché dei diritti dei popoli tradizionali (elemento tutt’altro che di poco conto in un’epoca di conformismo globale ed appiattimento verso modelli culturali sempre più unici).
Spesso, inoltre, Papa Francesco ha evidenziato come la produzione, la lavorazione e la distribuzione dei prodotti agricoli non possa trasformarsi in un’arma, “limitando l’arrivo di alimenti alle popolazioni in conflitto”, innescando meccanismi di speculazione, manipolando i prezzi “e la commercializzazione dei prodotti al solo fine di ottenere un beneficio più grande”.
Prese di posizione concrete e tutt’altro che di forma, riaffermate anche durante i molteplici incontri ed udienze svoltesi durante tutto il pontificato. Principi di altissimo valore, si, ma anche ben lontani da certe derive ideologiche tipiche dei nostri giorni. Emblematiche le sue parole in occasione dell’udienza concessa nel 2023 ad alcuni giovani agricoltori spagnoli. Dopo averli ringraziati per l’entusiasmo dimostrato nel loro lavoro in campagna, nell’accudire il bestiame e per il servizio prestato alla società affermò che “l’ecologismo non è fatto principalmente dai sagaci resoconti degli esperti, e neppure dalle notizie e dai progetti divulgativi che arrivano alla gente comune attraverso i mezzi di comunicazione sociale”. Un ecologismo non di facciata o di interesse, ma estremamente pratico dove“i primi ecologisti di una zona, di un Paese, di un continente, siete voi a essere in ballo, siete voi a esserci dentro, la gente che lavora con gli animali, con le piante, voi che convivete ogni giorno e sapete quali sono i vostri problemi e i vostri successi”.
Altrettanto emblematiche, e dirompenti, le sue precisazioni circa il rapporto fra uomo e animale, questione molto cara al mondo agricolo ed allevatoriale. In occasione degli Stati Generali della Natalità Il Pontefice disse, criticando la tendenza a privilegiare gli animali rispetto agli infanti: “Vedo che ci sono alcuni bambini lì: è bello questo, in una cultura dove si privilegia avere cani o gatti e non bambini.” Ricordando anche un episodio accadutogli poco prima “All’udienza mercoledì passavo, ed è arrivata una signora. Lei apre una borsa e dice ‘benedice il mio bambino’… Era un cagnolino. Lì non ho avuto pazienza: ho sgridato la signora.”
Parole solo all’apparenza semplici, ma portatrici di un messaggio dirompente in un’epoca dove troppo spesso il valore della vita umana è stato posto in secondo piano rispetto a molti altri idoli contemporanee. Non è di certo normale una società dove il dibattito politico si infuoca per rivendicare leggi pro-eutanasia degli uomini ma si scaglia contro l’allevatore che abbatte un animale ormai vecchio ed ammalato. Così come la necessità di difendere la biodiversità e gli animali, più volte ribadita da Papa Francesco, non può essere confusa con certe pratiche ormai “normali” che costringono il proprio animale domestico, ormai esanime, a costosissime e dolorosissime terapie fatte più per placare la tristezza dei proprietari che per mettere fine al dolore dell’animale.
Una riaffermazione, quella compiuta dal Papa, non della supremazia quanto piuttosto del ruolo e della responsabilità che l’uomo deve continuare ad avere all’interno del creato. In un mondo in cui, spesso, agricoltori ed allevatori sono stati additati alla stregua di assassini che deturpano l’ambiente e sfruttano gli animali quella del Papa è stata la voce più autorevole a loro difesa, a volte anche contro corrente rispetto al pensiero unico e dominante di cancellerie nazionali ed organizzazioni internazionali.
Un messaggio solo all’apparenza rivoluzionario, che ha semplicemente provato a rimettere al centro quella figura dell’agricoltore, di biblica memoria, visto come donatore di tutto e che, con il suo lavoro, prosegue quell’opera di creazione divina. Un insieme di valori sempre affermati a gran voce da Papa Francesco e condivisibili da chiunque, indipendente dal credo religioso.