I pericolosi danni degli improvvisati tuttologi ambientali

Un fenomeno che cresce a dismisura tra follie pseudo-ambientaliste
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

I frequenti e continui temporali che hanno caratterizzato gli ultimi mesi dell’anno appena trascorso, oltre a creare alcune difficoltà sul piano agronomico (ritardi nelle semine, dilavamenti dei terreni, etc..) hanno contribuito a riportare l’attenzione anche su alcuni altri aspetti che coinvolgono in primo luogo agricoltori e gestione ambientale.

Una regione, le Marche, spesso ancora profondamente rurale dove corrono chilometri di strade bianche, fossi, corsi d’acqua e vegetazione ormai incontrollata che ha sempre maggiore difficoltà a garantire una gestione del territorio decorosa, nonostante il lavoro incessante di chi vive ed opera in campagna.

Pubbliche amministrazioni con fondi ridotti, una burocrazia folle ostaggio di logiche pseudo/ambientaliste e normative oltremodo stringenti sarebbero già elementi sufficienti a creare un vero proprio caos. Ma a tali situazioni si aggiunge anche quell’irrefrenabile desiderio, comune a molti cittadini, di voler esprimere la propria opinione (spesso non richiesta) ergendosi ad esperti di ambiente, ecologia o diritto agrario a discapito di chi opera quotidianamente nelle nostre campagne, prima ancora che per lavoro per scelta di vita.

Un cocktail letteralmente esplosivo che vede come principale vittima proprio quell’agricoltore che dovrebbe essere il primo e fondamentale presidio contro l’abbandono delle aree rurali. Quello stesso agricoltore che durante l’anno è costretto a fare da garante e manutentore del territorio (rimuovendo alberi caduti, ripulendo strade allagate, spalando neve o presidiando intere aree altrimenti abbandonate) salvo poi diventare il bersaglio di ogni accusa quando il “passeggiatore” di turno, uscito dal suo comodo appartamento cittadino, decide di trascorrere qualche ora in campagna.

Situazione paradossale dalla quale sorgono spontanei alcuni interrogativi, forse provocatori ma tremendamente attuali, soprattutto in quei momenti di maltempo dove le nostre campagne non risultano essere luoghi poi così ospitali:

Dove si trovano, ad esempio, quei prodi e scattanti ciclisti della domenica che strepitano ogni qual volta incontrano un cane da pastore libero in campagna? Dove i corridori che urlano ad ogni passaggio di auto su una strada bianca per la polvere che si alza d’estate? Ed i raccoglitori di asparagi arrampicati su ogni ripa, argine o dirupo, fin dentro i giardini delle case, incuranti di proprietà private o comune educazione? Figure ormai immancabili durante il periodo primaverile/estivo ma che, puntualissime, scompaiono non appena il termometro scende sotto una determinata soglia.

Un elenco variegato e multiforme di persone al quale si potrebbero aggiungere gli pseudo-animalisti sempre solerti nel segnalare il novantenne con il “cagnetto da pagliaro” da 3 chili con un box troppo stretto ma che, però, scompaiono quando ci sono attacchi di lupi od incursioni di cinghiali. Oppure gli eco-fanatici attentissimi a sanzionare qualunque agricoltore che pota una pianta, ma nulla fanno quando querce colpite da rodilegno od olmi affetti da grafiosi si schiantano a terra ostacolando la circolazione. E molti altri potrebbero essere gli esempi, magari provocatori ma aderenti ad una realtà fatta di individui desiderosi di vivere un territorio cogliendone solo gli aspetti bucolici e confortevoli per poi tralasciare ogni questione pratica allo sventurato che in campagna vive 365 giorni all’anno.

Una ampia varietà umana accomunata da una convinzione Campagna=Natura, Natura=Bene di Tutti. Percorso logico assolutamente fallace ,non solo perché un campo coltivato, animali al pascolo, laghetti collinari o distese di vigne ed olivi sono il frutto di un lavoro dell’uomo secolare tutt’altro che naturale. Ma soprattutto perché le nostre belle campagne, le strade bianche o i viali piantumati appartengono prima ancora che “ai tutti” a quei pochi che in ogni momento dell’anno e con ogni condizione atmosferica in quei luoghi vivono e lavorano. Senza badare a fango, pioggia, neve o polvere. Persone, spesso famiglie, che con il loro stile di vita tramandato da generazioni non solo presidiano un territorio altrimenti abbandonato, ma preservano anche dei valori e delle tradizioni molto più attuali e sostenibili di tante chiacchere politicamente-corrette. Un sistema secolare che oggi, ancora più di ieri, diventa attuale ed indispensabile per continuare a mantenere bello, in ordine e curato un paesaggio invidiato da molti ma che è ancora tale grazie al tanto vituperato lavoro degli agricoltori.

Tags: danni ambientali, in evidenza

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