Piccolo, tondeggiante, con al centro un puntino bianco. È questa la principale caratteristica di questa varietà di fagiolo che, proprio la sua somiglianza all’occhio dell’animale, porta il nome di Fagiolo occhio di capra. I baccelli non sono molto lunghi, di colore bianco con striature rossastre, mentre i semi, inizialmente bianco crema tendono col tempo ad assumere un color mattone.
Secondo le analisi genetiche, il Fagiolo occhio di capra sarebbe un discendente dei fagioli andini, varietà introdotta in Italia dai territori dell’America del Sud intorno al 1530. La sua coltivazione, nelle regioni al centro della penisola, venne diffusa ed incentivata in modo particolare dal pontefice Clemente VII che ne apprezzava il suo sapore e la presenza all’interno delle zuppe.
Il fagiolo occhio di capra è oggi coltivato dall’Azienda Agricola Orsini a San Lorenzo in Campo. Un’azienda a tradizione familiare, attualmente gestita dai fratelli Andrea e Luca Orsini, riconosciuta come custode del prodotto dall’Assam. “Si tratta di una varietà autoctona molto antica e mai modificata dall’uomo – spiega Andrea. È sopravvissuta ai secoli ed è stata ritrovata nei territori di Serra Sant’Abbondio, poco distante da San Lorenzo in Campo. “Così l’Amap (ex Assam) ci ha proposto di recuperarne la coltivazione come custodi del prodotto, come lo siamo già della Cipolla rossa di Suasa. Ne manteniamo la coltivazione piantandone un centinaio di piante, metà del prodotto ricavato lo utilizziamo a casa e l’altra metà lo ripiantiamo l’anno successivo”.
Pianta dalla natura difficile
Sebbene, come tutte le varietà di fagioli, anche il fagiolo occhio di capra sia ricco di proteine, fibre e vitamine che lo renderebbero un ottimo alleato di zuppe o insalate, esso è stato anche uno dei primi fagioli ad essere stato abbandonato dagli agricoltori del territorio. La ragione, come spiegato da Orsini “sta nella sua natura di pianta rampicante che non lo rende predisposto alla meccanizzazione”.
La semina viene fatta dai primi giorni di maggio alla metà del mese e si raccoglie a settembre “Essendo un rampicante, tutte le operazioni di coltivazione e anche la raccolta devono essere fatte a mano e questo implica costi di tempo e manodopera importanti”.
Rustica ma da irrigare
“Si tratta di una pianta piuttosto rustica” – commenta infine Orsini. “Non ha bisogno di molta acqua, basta annaffiarlo 5 o 6 volte durante il ciclo di coltivazione”. Ma naturalmente dipende dalla stagione: “quest’anno ha piovuto poco in inverno e attualmente ci sono poche riserve idriche. Se continuerà in questo modo sarà necessario annaffiarlo di più”
Riguardo alle malattie, “resiste e si difende piuttosto bene – conclude: Lo scorso anno c’è stato qualche caso di oidio ma è stato un anno anomalo con piogge eccezionali”.
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