Non fa parte degli insaccati e non è nemmeno un vero secondo, ma la galantina, mosaico di carni di pollo con verdure è un piatto così speciale che in troppi sostengono averne la patria podestà. La Polonia, seppur gioca con il quinto quarto, spolverano documenti con banchetti medievali; la Croazia e la Repubblica Ceca, invocano la forma dalmatica di “gelatina”; la Francia si basa sulla radice gotica “gal” all’origine della parola “gelare” poiché si serve freddo.
Ma l’Italia ha troppi argomenti veraci per non esserne all’origine. Etimologicamente, la “galantina” ricorda il latino “gallina” e, quindi, che si tratta di un piatto a base di pollame; se ne trova traccia certe nel ” De Re Coquinaria” del gaudente antico romano, Marco Gavio Apicio che, già nel I secolo, tramanda questo “pollo ripieno” nel suo ricettario che farciva il Porcus Troianus dei romani. Un maiale imbottito anche di salsicce, di selvaggina ripiena a ricordo del cavallo ideato da Ulisse. Infine, in Umbria e nell’Emilia Romagna e nelle Marche, spesso, sono ricette di famiglia. Ma se nelle prime due regioni è tuttora un piatto delle feste, per il marchigiano è un piatto di tutti i giorni che ha, dal 2015, il marchio “QM” o Qualità Garantita dalle Marche su iniziativa della sezione agroalimentare di Confindustria Fermo.
Si tratta di un piatto dalla preparazione lunga, complessa e dal gusto interessante proprio perché emblematico delle usanze, delle tradizioni locali e delle sue origini contadine. Valorizza dopo tutto la gallina vecchia, quella che fa “buon brodo”.
Da 23 anni, la sua rivisitazione è nel menù dello chef “Bib Gourmand Michelin” Daniele Citeroni Maurizi dell’Osteria “Ophis” di Offida. Fa parte dell’Alleanza slow food dei Cuochi che, con un patto con i piccoli produttori, cercano di ridare il giusto valore al cibo nel rispetto di chi produce in armonia con ambiente ed ecosistemi. Daniele considera addirittura la galantina come il suo piatto emblema. Di fatto, non si pone come il solito piatto emozionale. Ricorda sì i sapori della cucina di una volta, quello della nonna, ma con una veste tecnica raffinata ed audace negli abbinamenti. Nel piatto si presenta come una fetta tonda e bella spessa ricoperta di un cerchio di gelatina trasparente ricavata ovviamente dal brodo e da una giardiniera rigorosamente di stagione che cambia ogni due mesi accompagnata da erbe e misticanze de #leterrediscé, il suo laboratorio-orto e una maionese bianca di patate e rossa di rapa.
A Petritoli, la Galantina vive un felice upgrade. I fratelli Mario, Giuseppe e Piero della Macelleria Abbruzzetti non la fanno cuocere nel brodo, ma al forno e risulta quindi più asciutta, dicono più saporita. Anche se il vero segreto è nella farcitura. Un mix di manzo dal loro allevamento bio di bovini marchigiani nutriti da mangimi prodotti nella loro azienda agricola (90 ettari), maiale, pollo condito con un fine macinato di mortadella e di prosciutto a cui aggiungono carote, sedano, olive bollite e uova sode.
In paese, Fosca, designer, e Simone, sommelier, della “Cantina Antisociale” si divertano con gli abbinamenti. Forti di 1200 etichette tra vini locali, italiani e francesi, è tra i rari bistrot dove è possibile ascoltare il racconto di uomini, di vite e d’annate con degustazioni verticali. E la galantina è nel mood e la logica del locale. Si tratta di un prodotto di alta qualità, che richiama il consumo etico, su cui costruire un dialogo di ricordi, culturale e conviviale.
Infine, nella Gola del Furlo, a “La Ginestra” di Acqualagna, lo chef Michele Renga la prepara rigorosamente con delle fette di tartufo nero pregiato. Un abbinamento luculliano.