L’anice verde di Castignano, non solo mistrà e liquori!

Nel paesino dell'ascolano si lavora per un rilancio della produzione
Attualità
di Veronique Angeletti

Non solo mistrà, liquori e tozzetti. L’anice verde di Castignano (Ap) sta ritornando in auge con sfiziosi utilizzi e tutte le carte per generare una nuova economia. Il merito è dei “cocciuti” castignanesi (“Frangar, non flectar” recita lo stemma comunale) che, unendosi nell’Associazione Produttori di Anice verde di Castignano, hanno recuperato la pianta e conquistato il riconoscimento di Presidio Slow Food.

Un seme dal destino altalenante

Il suo consumo fu così popolare che, all’inizio del 1300, Re Edoardo I d’Inghilterra impose una tassa sulla compravendita per riparare il Ponte di Londra e la moda era tale che nel XIX esimo secolo, Castignano era un punto di riferimento per i più importanti liquorifici. Addirittura, tra le due guerre mondiali, l’area produceva annualmente oltre 89 quintali. Il declino iniziò negli anni ’50 quando le vite s’imposero. Venti anni fa un solo agricoltore la coltiva e il suo raccolto all’anno non superava gli 70 chili.

Per Sergio Corradetti, ideatore e responsabile del progetto di salvaguardia e valorizzazione dell’anice verde di Castignano «la Pimpinella Anisum castignanese è un simbolo identitario del borgo e, dal punto di vista della biodiversità, ha un alto valore come coltura sostenibile e ricca di una peculiare e straordinaria aromaticità».

Spiega che il seme affidato ad agricoltori custodi obbedisce ad un disciplinare che vieta l’uso di pesticidi. La pianta, ricca di un alto tenore di olio essenziale, è spontaneamente protetta contro molte malattie e molti insetti. Quanto alla pulizia dei campi e la raccolta stessa sono fatte esclusivamente a mano e l’essiccazione, in mazzi a testa in giù, è naturale per consentire al seme di esprimere il massimo degli oli essenziali.

«Il nostro anice – aggiunge – è così particolare che studi scientifici hanno accertato che perde le sue caratteristiche piantato in aree simili alle nostre».

Il terroir fa la differenza

Per gli esperti, è l’effetto dei calanchi tra il mare e il monte dell’Ascensione che costituiscono una barriera naturale e crea un microclima favorevole. L’esposizione soleggiata e le fresche correnti di aria hanno quindi consentito nei decenni di selezionare un ecotipo di anice verde particolare, più ricco in profumo e in dolcezza, grazie alla straordinaria concentrazione di anetolo – il composto aromatico dell’anice e del finocchio – pari al 94%.

Dal punto di vista gastronomico, l’anice vanta declinazioni originali. Nell’hotel ristorante Teta, i fratelli Ferdinando e Pierluigi Ciabattoni stanno preparando il menù per il convegno dedicato alla biodiversità del prossimo 4 settembre.

Convegno

Prevede un carpaccio all’anice, lo spiedino fritto con tacchino all’anice, agnolotti con ricotta ovviamente all’anice, gli speciali tonnarelli freschi al pesto d’anice e bocconcini d’agnello con l’anice. In chiusura, l’anice si fa gelato e il caffè è accompagnato da “L’anisetta di Castignano”, una ricetta segreta degli anni 30 della famiglia Corradetti diversa della storica anisetta ideata nel 1870 da Silvio Meletti.

Classico l’utilizzo in tisana o pestando i semi e lasciandoli in infusione per 5 minuti nel latte bollente.
Altro pregio, la fioritura a luglio. Il pregio di godere della bellezza di un tappeto di Pimpinella in fiore, lo “hanami” giapponese dei ciliegi ma nella versione Castignanese.

Tags: castigliano, in evidenza

Suggeriti

Un’alleanza per la canapa, Antonio Trionfi Honorati: “Noi ci siamo”
Frutti antichi delle Marche: le mele resilienti

Da leggere