Le Marche e l’orto della nonna, una vocazione secolare

Oggi si chiamano "superfood", ma sono la nostra tradizione
Attualità
di Veronique Angeletti

Nel mercato globale che si vanta dei “superfood”, ossia prodotti agricoli ai quali sono associate specifiche proprietà salutistiche, tra le esotiche bacche di Goji, le alghe o gli avocadi, c’è anche il “Made in Italy”. Sono i “supercibi”, quelli dell’orto della nonna che, nelle Marche, crescono in terreni particolarmente vocati. È una questione di condizioni pedo-climatiche, addirittura argomento di vendita degli ortaggi. La leva salutistica ad esempio è usata dalle Organizzazioni di Produttori marchigiani per movimentare gli acquisti dai “buyers” dei supermercati e sono proprio le richieste dei consumatori sui valori nutritivi nei mercati rionali all’origine della diversificazione delle produzioni dei piccoli coltivatori. Storie di spinaci, di carciofi, di roveja, di zucche, ma anche di cavolo riccio che rimandano ad un’agricoltura sostenibile e pure redditizia, meritando politiche d’intese strategiche.

Terreni vocati

«Le Marche – spiega il prof. Massimo Pandolfi, ricercatore ed ecologo dell’Università di Urbino sono un intreccio di terre geologicamente molto diversificato con 6 mila anni d’insediamenti agricoli. Ci sono le dorsali carbonatiche dell’Appennino che giungono fino al mare, le fasce collinari e i terreni con argille e arenarie, suoli spesso non eccessivamente argillosi, ma temperati dalle sabbie del disfacimento delle coltri arenacee che giungono direttamente sulla costa. Valli a pettine che portano acqua alle produzioni agricole e si spengono nelle fasce dunali costiere con terreni sciolti e debolmente salati che danno agli orti prodotti agricoli dall’eccezionale sapidità. Come si gustava nel cavolfiore fanese ormai scomparso».

Marche nel Dna

Un cavolo in realtà ben presente. Favorito dai terreni delle Marche, ha acquisito proprietà tali che oggi è nella genetica degli ibridi di cavoli moderni con cicli tardivi o a raccolta primaverile. Insomma, il cavolo marchigiano è nel dna delle brassicole considerate “super food” ovunque. Nel mercato odierno, oltre alla qualità, il valore nutritivo degli ortaggi è diventato un argomento importante per il consumatore. Di fatto, la Codma di Fano dieci anni fa aveva a Casette d’Ete una coltivazione di cavoli ricci, ortaggio celebrato nel mondo anglosassone per il suo ottimo contenuto di ferro, vitamine, fibre e antiossidanti. Il prodotto marchigiano era davvero eccezionale, il mercato reagiva bene ma, dopo due anni, la Gdo non lo ha più ordinato forse perché il prodotto aveva bisogno di quella marcia in più per far emergere il binomio “qualità delle Marche-valore nutritivo della sua agricoltura”.

I supercibi

Binomio alla base del successo dei mercati rionali o degli acquisti nei punti vendita in campo. Come quello della cooperativa agricola sociale, ”L’orto del sorriso”, nata l’anno scorso sulle orme di un’azienda agricola creata nel 2014 dalla Caritas parrocchiale di San Giuseppe di Jesi. Oggi, con contratti vari, dà lavoro a 15 persone in difficoltà, anche carcerati, e coltiva circa 9 ettari a cinque minuti dalle mura storiche di Jesi. «La fedeltà della nostra clientela – spiega il presidente Matteo Donati – è legata alla genuinità del prodotto ma anche al fatto che diamo informazioni sulle proprietà nutritive e su come cucinarlo».

Le Marche dunque, regione naturalmente vocata a produrre “supercibi” e di alta qualità, un brand tutto da sfruttare per distribuire maggior reddito ai coltivatori e dare un’ulteriore spinta alla biodiversità su cui sarebbe proficuo se ci fosse una speciale campagna promozionale regionale.

Tags: in evidenza, orto della nonna, supercibi, Superfood

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