Concreta multifunzionalità: è questo probabilmente il termine più adatto per descrivere l’attività agricola che da decenni Marco Maurizi svolge alle porte di Ancona. L’azienda si estende su una superficie di circa 20 ettari fra le colline di Candia e qui, alle più tradizionali coltivazioni agricole sono stati affiancati allevamenti di vario tipo (bovini, ovini, animali di bassa corte), frutteti ma anche un maneggio ed un agriturismo, la Rocca Verde, molto noto ed apprezzato nella zona. E proprio la famiglia Maurizi, che rappresenta anche un punto di riferimento per l’intera frazione, e ben consapevole che la produzione di cibo è solo una delle tante necessità alle quali un’azienda agricola può e deve assolvere.
Quale è il ruolo che chi svolge il suo lavoro può interpretare nella società di oggi?
“Esistono diversi tipi di agricoltura, ognuna con funzioni e finalità specifiche. Personalmente credo che al fianco delle aziende più grandi ed estese (fondamentali per mantenere livelli di produzione significativi) non vada affatto dimenticato anche il ruolo che le piccole/medie realtà continuano ad avere nel sistema sociale ed economico del nostro paese. L’agricoltore è prima di tutto un custode del territorio, un presidio costante anche in quelle aree spesso dimenticate o marginali. Senza naturalmente dimenticare la capacità di garantire prodotti sani e di prossimità al consumatore finale. Ad esempio, la richiesta di frutta e verdura appena raccolte, uova fresche o carni di vario tipo è in costante aumento, anche in realtà cittadine come Ancona. Il problema è che spesso, anche volendo, è difficile assecondare tali richieste”.
Come mai?
“Purtroppo, non sempre è sufficiente l’impegno e la buona volontà che l’agricoltore ci mette nell’aumentare la produzione. Come è noto la burocrazia è sempre un grosso ostacolo, in particolar modo per le realtà a conduzione familiare. A questo aggiungiamo le difficoltà di collegamento fra centro e periferie, le condizioni precarie di molte strade di campagna o i costi imposti dai molti adempimenti obbligatori che rischiano di erodere tutto il guadagno. Prendiamo l’esempio della vendita diretta della carne. Gli allevamenti sono ormai molto pochi nella nostra regione, ancor meno quelli semi bradi o comunque non intensivi. Il trend, poi, è destinato a calare ulteriormente. In un settore già provato, infatti, gli organi decisionali sembrano non interessarsi del problema dei mattatoi. Strutture come queste si contano ormai sulle dita delle mani in tutte le Marche. Da Ancona dobbiamo arrivare a Villa Potenza ed anche lì non sappiamo per quanto ancora durerà. Senza centri di macellazione muoiono gli allevamenti e saremo costretti a comprare solo carne da fuori regione o direttamente dall’estero. Un comune come Ancona, ad esempio, potrebbe tranquillamente farsi capofila nella realizzazione di una struttura moderna ed efficiente. Ci sono già delle aree predisposte e facilmente raggiungibili e rappresenterebbe un grande vantaggio anche per i tanti comuni vicini. Si potrebbe ipotizzare una gestione mista pubblico/privato nella quale coinvolgere gli allevatori di tutta la fascia costiera”.
Una mancanza di ascolto che si traduce anche in isolamento?
“Noi agricoltori svogliamo un’attività talmente tanto essenziale che spesso viene data troppo per scontata. Il settore primario dovrebbe essere più coinvolto nei meccanismi decisionali e non solo visto come un comparto economico alla stregua di tanti altri. Soprattutto nelle zone più periferiche le aziende agricole sono sempre più fondamentali per garantire manutenzione del territorio ed evitare l’abbandono. Una delle cose che non riesco proprio a capire e come mai, ad esempio, i comuni non ci coinvolgano per la manutenzione del verde, la pulizia dei fossi o anche (nei casi di emergenza) per la rimozione della neve. Anche le aziende più modeste oggi hanno attrezzature imponenti, trattori, ruspe, trince spesso ben più performanti di quelle di cui dispongono gli enti pubblici. Basterebbe fare delle convenzioni su base volontaria, per permettere affidare la custodia di una parte del territorio alle aziende che li hanno la sede ed operano in cambio di un corrispettivo onesto. I cittadini avrebbero un servizio immediato, le strade sarebbero più custodite e le imprese agricole potrebbero contare su qualche entrata extra”.
Una sorta di patto fra i cittadini e le campagne che li circondano insomma…
“Esattamente, ma sarebbe quello che per secoli è sempre stato normale. Lo spopolamento delle campagne, e delle frazioni, porta dei problemi che poi a cascata vanno a ricadere anche su chi abita in città. Prendiamo il problema dei lupi: qualche anno fa sembrava inimmaginabile che arrivassero in queste zone invece dalle aree meno popolate si sono poi espansi in tutta la regione. Quindi hanno iniziato, prima, a predare gli animali dagli allevamenti come il nostro mentre oggi è frequente che attacchino i cani o che si avvicinino in pieno giorno alle persone fino a Pietralacroce. Stessa situazione per quanto riguarda i cinghiali che ormai si muovono indisturbati fin dentro i centri delle città. Servirebbe un pochino più di concretezza nelle decisioni, concretezza che può nascere solo dalla consapevolezza dei problemi della vita reale. Oggi l’ecologia è diventata quasi una moda in cui ognuno può dire la sua ma non dimentichiamoci che nessuno più di un agricoltore, o di un allevatore, sa bene quanto sia importante il rispetto dell’ambiente e della natura nonché del mantenimento degli equilibri fra i vari fattori”.
È quello che si sarà prefissato come obiettivo al momento della decisione di correre alle prossime amministrative?
“Ad un certo punto penso che sia quasi un dovere provare ad esporsi per portare la propria visione delle cose all’interno degli organi decisionali. Personalmente ho trovato questa opportunità nella lista di Fratelli d’Italia ed ovviamente sarebbe una grande soddisfazione riuscire a rappresentare in consiglio comunale gli interessi non solo di chi fa agricoltura ma anche di questi tanti cittadini che vivono la campagna o popolano le frazioni più distanti dal centro cittadino”.