Marco Moroder: “Il Conero e il suo vino brand per Ancona”

L'imprenditore vitivinicolo spiega l'importanza di una piena valorizzazione del territorio
Economia
di Alberto Maria Alessandrini

Quando si parla di Rosso Conero non può che venire subito alla mente il nome Moroder. Una famiglia che, della coltivazione della vigna, ne ha fatto una vera e propria ragione di vita da quasi due secoli. Era il 1837 quando all’interno della grande fattoria alle porte di Ancona veniva realizzata la prima cantina ed è proprio in quella stessa fattoria che, oggi, insieme alla sua famiglia, vive e lavora Marco Moroder.

Una scelta professionale influenzata dal contesto o meditata?
“Dopo la maturità classica conseguita a Roma sono subito rientrato ad Ancona dove ho studiato enologia. La scelta di iniziare a lavorare in azienda è poi venuta naturale. Parallelamente alle tradizionali attività agronomiche e di vinificazione abbiamo iniziato a sviluppare anche il settore della ricettività. Oggi l’azienda si estende su una superfice complessiva di circa 50 ettari, di cui 36 di vigneto nel cuore dell’area di produzione del Rosso Conero. Oltre alla cantina dove vinifichiamo le nostre uve, gestiamo anche un agriturismo con un ristorante, Aiòn, ed un secondo punto ristoro con forno a legna, L’Aia; inoltre disponiamo anche di alcune camere dove poter soggiornare e siamo particolarmente attivi nell’organizzazione di eventi in azienda”.

In tutto ciò, immaginiamo, la produzione di Rosso Conero resti l’attività principale, tanto che dalla vostra etichetta più iconica, il Dorico, avete ideato anche un premio!
“Esattamente, il Rosso Conero è un vino che fuori dalla nostra regione è molto più apprezzato e conosciuto più di quanto non si immagini. Il nostro Dorico, fin dagli anni 90, è sempre stato un po’ l’ambasciatore di questa tipologia di prodotto. Ispirandoci a questa esperienza abbiamo ideato il premio Dorico proprio per tributare quei personaggi che hanno dato lustro alla nostra comunità e che spesso non sono noti alle cronache locali. Con soddisfazione il progetto è stato subito accolto dall’Associazione dei Marchigiani del mondo e dalla stessa Regione ed ha riscosso un buon successo”.

Quanto è importante la collocazione all’interno del Parco per un’attività agricola ed agrituristica come la vostra?
“Il contesto naturale in cui ci troviamo rappresenta indubbiamente un valore aggiunto. Un vero e proprio brand che, se opportunamente gestito, può essere un volano per le nostre imprese, aziende agricole in primis. Ovviamente la collocazione all’interno di un’area protetta comporta anche degli inconienti”.

Del tipo?
“I tanti vincoli sugli immobili, gli obblighi da rispettare nelle differenti tipologie di lavorazioni agricole oppure le difficoltà nel controllare la fauna selvatica, cinghiali innanzi tutto. Ma gli ostacoli maggiori li abbiamo sempre riscontrati nella possibilità di attuazione della c.d.Legge 13 in tema di costruzioni agricole. E, come noi, anche tutte le altre aziende anconetane che ricadono nell’area del Parco. Anche solo la realizzazione di un semplice deposito per i trattori o di un locale dove stoccare gli imballaggi diviene un miraggio. Insomma, mentre gli altri imprenditori agricoli che operano in regione hanno la possibilità di richiedere, con adeguate motivazioni, l’autorizzazione a costruire immobili strumentali all’azienda, qui è praticamente impossibile”.

Per quale motivo?
“Purtroppo il piano regolatore del capoluogo è fermo agli inizi del 2000 ed è mancato in questi anni un vero coordinamento fra Comune ed Ente Parco. Non solo poiché le prescrizioni date da questo sono state accolte solo parzialmente ma, soprattutto, penso sia mancata la consapevolezza che Ancona sia la porta di ingresso del Parco ed il rapporto fra i due Enti sarebbe dovuto essere più sinergico. La metà del territorio di questo ricade all’interno del capoluogo eppure quando ad un turista (ma anche ad un marchigiano) si cita il Monte Conero si pensa subito a Numana o a Sirolo e difficilmente ad Ancona”.

A cosa è dovuto secondo lei questo?
“I motivi possono essere molti. Da un lato le priorità delle amministrazioni locali si sono sempre concentrate su altro, senza una reale volontà di scommettere concretamente su tutto ciò che riguarda turismo, agricoltura e ambiente. Dall’altro, forse, la mancata alternanza politica ha causato un vero e proprio immobilismo. È sufficiente immaginare, ad esempio, i benefici che Ancona (ma anche i comuni limitrofi) avrebbe se fosse riuscita a legare sempre più il nome della città a quello Conero, con il suo territorio ed i suoi prodotti, primi fra tutti proprio il Rosso Conero. L’indotto economico sarebbe enorme ed andrebbe ad incrementare altre realtà importanti”.

Come si ripercuote questo nelle vostre attività?
“Per chi produce vino, ad esempio, è un grande incentivo provenire da un territorio conosciuto. Prima per spiegare ai clienti internazionali dove fosse Ancona dovevamo dire a sud di Rimini, oggi che siamo a nord di Civitanova. Ci siamo avvicinati un pochino, ma ancora questa zona non è abbastanza valorizzata. Gli agricoltori sanno bene quanto sia importante, per vendere un prodotto, la storia del territorio in cui questo viene coltivato”.

Da tutto questo anche la voglia di mettersi in gioco alle prossime amministrative?
“Esattamente. Oltre alla speranza, insieme alla lista Ancona Protagonista, di agevolare quell’alternanza che è mancata fino ad oggi c’è soprattutto l’ambizione di portare il punto di vista di un imprenditore all’interno della Pubblica Amministrazione. Penso che questa sia quell’occasione”.

Tags: in evidenza, Moroder, Rosso Conero

Suggeriti

Marco Maurizi: “Auspico un patto tra cittadini e campagna”
Tr libr is megl che uan

Da leggere