Il fatto che quello primario sia un settore estremamente complesso e, spesso, poco remunerativo per chi vi opera è cosa nota. Ma se fino ad oggi, pur con mille difficoltà, le aziende sono comunque riuscite ad andare avanti, la nuova impostazione delle politiche – nazionali e comunitarie – di sostegno ed indirizzo al mondo agricolo imporrà uno scenario certamente non roseo. Ne abbiamo parlato con Andrea Pettinari, presidente di Confagricoltura Macerata (nella foto).
Presidente Pettinari, quale è lo stato di salute attuale delle imprese agricole marchigiane?
“Le note difficoltà della campagna 2022-2023 (raccolti scarsi e valorizzabili a prezzi bassi, Pac dimezzata, ecc.) hanno pesato parecchio sui nostri agricoltori i quali, però, sono abituati ad operare in situazioni di grande complessità e variabilità. Le aziende in salute sono state in grado di assorbire anche questo colpo, cosa differente per chi si trovava già in affanno. Il problema serio che riscontro starà nel far ripartire la nuova campagna”.
Si preannuncia difficoltosa?
“Sarebbero sufficienti alcuni esempi per rendere l’idea della tempesta perfetta che si sta abbattendo sul nostro settore. I terreni sono usciti devastati dalle coltivazioni precedente a causa delle forti piogge (aumento delle infestanti, compattamento del suolo maggiore durante le operazioni di raccolta, careggiate più profonde) e questo comporta lavorazioni più impegnative e costose per prepara le nuove semine. Operazioni che dovranno farsi con prezzi del carburante alle stelle, stabilmente sopra un euro al litro, e dovendo affrontare le numerose rotture che interventi gravosi come questi comportano (il prezzo dei ricambi di trattori ed attrezzature è ai massimi da sempre)”.
Sono in arrivo differenti bandi a tal proposito però!
“Questi strumenti possono essere utili in un contesto finanziario stabile e favorevole, ma purtroppo non è la situazione attuale. Quello del credito è, forse, il problema principale. Se un’azienda va a comprare del fertilizzante o della semente i prezzi sono ancora molto alti, ma i pagamenti restano a 60 giorni. Le quotazioni del grano restano basse, così come quelle del colza e del girasole. Per non parlare, poi, di stipendi e salari ai quali mensilmente le nostre aziende devono fare fronte. Purtroppo, quest’anno, inoltre, non abbiamo ricevuto neanche l’anticipo Pac che gli anni scorsi veniva versato ad agosto. Probabilmente arriverà per fine mese, ma fortemente ridotto. Il supporto del sistema bancario ovviamente è possibile, quanto meno per le aziende sane e strutturate, ma i costi di oneri ed interessi sono diventati proibitivi”.
Quale soluzione vede a questa situazione?
“Incentivi ed aiuti che sostengono il settore agricolo da decenni dovrebbero essere orientati sulle aziende che vogliono specializzarsi verso una produzione non solo di qualità, ma anche di quantità. Sono queste le imprese che creano lavoro, fanno girare l’economia e, soprattutto, sfamano la popolazione creando derrate alimentari. La tentazione di seminare per ottenere il contributo e non per produrre materie prime deve essere arginata. L’agricoltura nazionale non può focalizzarsi solo su set-aside, colture mellifere od altre tipologie di estensivi come vorrebbe la Pac”.
Con inevitabili conseguenze per il futuro quindi!
“Certamente. Prendiamo l’esempio dei cereali, coltura regina della nostra regione. La scorsa campagna ha registrato produzioni scarse con qualità altalenanti. Quest’anno i costi da sopportare saranno ancora alti. Se l’agricoltore dovesse decidere di non seminare più orientandosi verso colture “a perdere”, a luglio 2024 ci troveremo con i silos degli stoccatori mezzi vuoti, ma con la necessità di rinforzare ulteriormente le importazioni. In un contesto del genere, sul lungo periodo, pensiamo veramente che le aziende che cominceranno a intraprendere questi indirizzi “improduttivi” avranno ancora voglia e mezzi per manutenere l’ambiente? Alla fine le poche centinaia di euro ad ettaro di Pac non possono bastare per mantenere i fossi puliti, le siepi curate o l’ambiente rurale in ordine, la prospettiva è un abbandono generalizzato. Guardiamo quanto successo nel mondo della vite e delle colture arboree con peronospora e grandine: il messaggio che rischia di passare è che non conviene investire sulla tecnica e sulle buone cure culturali, perché tanto poi qualche contributo arriverà. Un sistema sano investe in buone tecniche colturali, in gestioni agronomiche performanti e non in contributi di sussistenza”.