Nel 2019, la Cooperativa agricola Montesanto di Potenza Picena, ha scelto di prendere parte al “Progetto Nocciola Italia“, una sfida lanciata da Ferrero per iniziare a raccogliere, anche nelle Marche, nocciole di qualità. Il tempismo non è stato dei migliori, dato l’inizio del Covid pochi mesi dopo l’adesione al progetto che non ha permesso di promuovere l’iniziativa. Ma l’attività è poi ripresa dopo la pandemia e sta continuando a svilupparsi ora.
In totale, sono circa 200 gli ettari di noccioleti che attualmente rientrano nel progetto, distribuiti in particolare in provincia di Macerata, da Pieve Torina a Civitanova. Ci siamo fatti raccontare le caratteristiche di tale coltivazione e della sua presenza sul territorio da Vincenzo D’Agostino, tecnologo alimentare che, nell’ambito del “Progetto Nocciole Italia” nelle Marche, si occupa dell’assistenza tecnica agli agricoltori della Cooperativa.
Poca manodopera e basso costo
Ad emergere, in primo luogo, sono soprattutto i vantaggi che il coltivare nocciole porta con sé. Come spiegato da D’Agostino infatti: “si tratta di una coltura arborea che rientra tra le specie fruttifere e, come tale, richiede tecniche sofisticate di manutenzione, come ad esempio la potatura. Rispetto alla sua categoria ha però alcuni vantaggi, come la quasi totale meccanizzazione di gran parte delle operazioni da svolgere“. Un importante valore aggiunto data la manodopera agricola sempre più difficile da trovare.
A questo, si aggiunge sicuramente il costo di costituzione dell’impianto, più basso rispetto a quello richiesto da altre piante fruttifere. “Un noccioleto con l’impianto di irrigazione ha un costo di circa 10 mila euro ad ettaro. Un costo esiguo se si pensa che, ad esempio per i vigneti, si va dai 20 ai 30 mila euro. Anche la potatura – che è attualmente l’unica operazione non meccanizzabile – è più snella ed un agricoltore riesce a gestire in autonomia anche un ettaro di noccioleto al giorno“.
Impianti longevi
Essendo una fruttifera, anche il nocciolo ha un ciclo biologico lungo. Da quando viene impiantato – spiega D’Agostino, “ha bisogno di 5 anni per entrare in una fase produttiva“. Anche per questo motivo, nelle Marche, si è ancora in una fase embrionale del progetto. La fase adulta arriva dopo 8, 9 anni, “poi la pianta si stabilizza e vive per diverse decine di anni. Non è longeva quanto l’olivo, ma un nocciolo arriva anche a superare i 50 anni di vita ed i costi iniziali sono velocemente ripagati“.
Nella sua fase adulta, un impianto produce in media sui 15 quintali di nocciole, anche se, commenta, “se le piante sono ben trattate, la produzione può essere anche raddoppiata“. Il prezzo si aggira intorno ai 300 euro al quintale.
La sfida: nocciole sul versante adriatico
Storicamente, i noccioleti hanno abitato i terreni posti sul versante tirrenico della penisola, come ci viene raccontato. Tipiche della Campania e del Lazio, presenti in Sicilia nella zona dei Monti Nebrodi. La sfida nel coltivare nocciole nelle Marche non risiede così solo nel dare inizio ad una filiera nuova per il territorio, ma anche nel superamento di una localizzazione della coltura basata su una tipicità climatica che accomuna le regioni poste ad ovest e nel sud dell’ Italia.
“Quello che balza all’occhio – aggiunge D’Agostino – è però la presenza di nocciole spontanee in diverse zone d’Italia, e non solo“. Se ne trovano infatti, in tutta la fascia che va dai Pirenei ai Balcani, fino al Caucaso. Questo testimonia una buona adattabilità della pianta a climi e terreni diversi. Perché dunque, non valutarne l’inserimento anche nel versante adriatico?
Da tale intuizione sono nati alcuni studi di fattibilità che hanno dato esito positivo considerati anche i cambiamenti climatici in corso: “piove sempre meno e le temperature sono più alte. Se è vero in parte, che si tratta di una produzione che richiede acqua, è vero anche che, nei secoli, ha mostrato resistenza e capacità di adattamento grazie alla sua natura spontanea, qualità che la rendono adatta a produzioni in nuove aree“.
Proprio perché più produttiva e adattabile, la varietà inserita nelle nuove produzioni come quelle marchigiane è tipicamente la Giffoni, coltivata anche in Cile.
Più nocciole italiane
Il primo paese al mondo produttore di nocciole, è attualmente la Turchia.
Data l’elevata necessità di prodotto, le aziende produttrici sono costrette a rivolgersi a fornitori stranieri per reperire le nocciole sufficienti a soddisfare la domanda. Una scelta necessaria, che dipende però anche dai rapporti tra i diversi paesi del mondo. L’attuale situazione geopolitica sta convincendo dunque diverse aziende da investire di più in Italia, interessandosi maggiormente a creare nuovi impianti per aumentare la quantità di nocciole reperibili direttamente dalla nazione.
L’ultimo vantaggio è così la maggiore attenzione dedicata alla filiera italiana, la volontà crescente di creare nuovi impianti nelle Marche, così come in altre regioni come il Piemonte, dove sono state recentemente introdotte. La vera sfida diventa allora far conoscere la coltura ed i suoi vantaggi, trasmettere agli agricoltori le conoscenze necessarie per coltivarne, dare vita a nuove possibilità agricole per la regione.
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