Furono i nostri antenati preistorici a scoprire l’orzo. Insieme al miglio, fu uno dei cereali protagonisti della rivoluzione neolitica quando diventò una principale fonte per l’alimentazione umana. Le sue piccole radici affondano quindi in tempi antichi e in terreni lontani. Quelli della “Mezzaluna Fertile”, dove per primo venne coltivato e raccolto, trasformato in farina e utilizzato come cibo per gli animali, o impiegato per produrre birra. Proprio come accade ai nostri giorni. Se a giugno possiamo godere del giallo di campi di orzo maturo è grazie alla sua versatilità e capacità di resistere ai cambiamenti. Qualità che dall’Oriente, hanno portato l’orzo in Italia, dove lo scorso anno è stato coltivato in 290.302 ettari di terreno, per un raccolto da 11.587.599 quintali.
Se dal contesto nazionale, si passa a quello regionale, i dati nelle Marche confermano costanza nel tempo e tendenziale stabilità. Negli ultimi 10 anni, nessun picco di produzione o tracolli dovuti ad annate disastrose. Gli ettari coltivati sono sempre stati tra i 16 e i 17 mila, e l’orzo raccolto stabile su una media di 650.000 quintali.
“Uno di quei cereali, che gli agricoltori piantano con la garanzia di raccogliere qualcosa”, spiega Claudio Sampaolesi (nella foto), da anni parte del Consorzio Agrario di Ancona. “Nelle 30 agenzie che coprono la provincia di Ancona e Macerata – racconta – molti coltivatori preferiscono piantare l’orzo al posto del grano duro perché meno soggetto ad oscillazione dei prezzi e capace, di fronte ad annate difficili come quella passata, di difendersi meglio, mantenendo la qualità del prodotto”.
Ma il vantaggio deriva anche dai minori costi di coltivazione: a differenza di altre colture come il mais che richiede di essere irrigato, delle leguminose che subiscono il problema dei cinghiali o del girasole che, a causa dei piccioni, richiede spesso di essere riseminato, l’orzo costa infatti molto meno. Come spiegato da Giuseppe Bambini della Società Agricola F.lli Bambini Giuseppe e Daniele di Monsano che, in gestione, si occupa di circa un migliaio di ettari di terreno tra le zone di Monsano, Monte San Vito, Jesi e Staffolo, “tra seme, concime e trattamento fungicida, coltivare un ettaro di orzo costa circa 350 euro, la metà di quanto richiesto da altre colture”.
Ma se tanti sono i vantaggi, perché l’orzo continua comunque a restare un cereale minore? Perché se minima è la spesa, per l’orzo resta purtroppo minima anche la resa, “con un andamento dei prezzi che, al massimo, subisce oscillazioni annuali di qualche euro, tra i 17 ed i 21” come spiegato da Bambini. “Quindi, se da un lato hai la garanzia di una pianta rustica che comunque produrrà raccolto, dall’altro sai già che non potrai ricavarne più di quanto previsto”.
Una coltura dunque, meno redditizia ma sicura, da alternare ad esempio al grano.
Meno mangimi ma più birra – A scoraggiarne la coltivazione inoltre, anche le caratteristiche del mercato attuale. Se in passato infatti nella regione esistevano allevamenti di maiali e tante piccole realtà agricole a livello familiare, oggi non è più così. Come sottolineato da Sampaolesi, “lo stesso Consorzio farebbe fatica a raccoglierne importanti quantità data la poca domanda dal settore zootecnico”.
Linfa vitale potrebbe allora arrivare dal comparto birrario regionale. L’antica arte di produzione della birra sta infatti interessando molti marchigiani. “Sono nati parecchi birrifici artigianali e, di conseguenza, è salita negli ultimi anni anche la coltivazione dell’orzo da birra, incentivata da fondi regionali”. Così, potrebbe essere proprio la capacità di trasformarsi in una delle bevande preferite dagli uomini, a garantire all’orzo la sopravvivenza ai secoli futuri. Nel frattempo, il suo carattere umile e senza pretese continua a rassicurare, senza particolari colpi di scena, i custodi della terra.
PRODUZIONE ORZO
ITALIA
2023: 290.302 ettari per 11.587.599 di quintali raccolti
MARCHE
2021: superficie 16.990 ettari, quintali raccolti 767.268
2022: superficie 15.052 ettari, quintali raccolti 674.096
2023: superficie 16.238 ettari, quintali raccolti 601.476