“C’è lo chiede l’EUROPA!” Per una volta questa frase, tanto invisa a cittadini ed agricoltori italiani, assume finalmente un carattere liberatorio. Il declassamento dello status di protezione del lupo, effettuato il 3 dicembre dal Comitato Permanente della Convenzione di Berna, non può che essere visto in questa ottica. Un piccolo, ma necessario, passo verso la normalizzazione di un problema sfuggito di mano a chi di dovere ed ormai non più rinviabile.
La decisione che vede oggi il lupo non più “specie strettamente protetta”, ma più semplicemente “protetta” rappresenta un cambiamento non solo lessicale. Non si elimina la protezione del lupo, ma si apre la strada a una gestione più coerente nelle regioni con popolazioni stabili, tenendo conto anche delle esigenze di attività agricole e comunità.
Negli ultimi anni, la presenza del lupo in Europa è cresciuta esponenzialmente. In base al rapporto dalla Direzione Generale per l’Ambiente della Commissione Europea si stima che ve ne siano oltre 20.000 nell’Unione Europea, con un aumento dell’81% dal 2012. Questa espansione, pur rappresentando un successo per la conservazione, ha creato difficoltà enormi per la zootecnia, e non solo nelle aree interne. Basti pensare che nella sola regione Marche sono oltre 300 gli animali stimati (probabilmente in difetto) con branchi stabili fino alle zone costiere.
A livello procedurale, dopo il 7 marzo 2025, quando la delibera entrerà in vigore, l’UE potrà finalmente adattare i corrispondenti allegati della Direttiva Habitat. La Commissione proporrà poi la modifica legislativa mirata a tal fine, che dovrà essere adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Ogni Paese avrà quindi la facoltà di gestire con maggiore flessibilità le popolazioni locali di lupo, che rimane specie protetta e pertanto conservata, ma, appunto, nell’ambito di un equilibrio generale più ampio per tutte le attività.
Né più né meno di quanto già succede con altri animali, cinghiali, volpi, cervi. Specie che, nonostante la caccia sia ammessa e regolamentata, non corrono di certo il rischio di scomparire e che vengono gestite bilanciando i tanti interessi in gioco: conservazione animale, equilibrio dell’ecosistema, necessità delle attività economiche, sicurezza dei cittadini, .
Del resto, le perdite causate dagli attacchi dei lupi vanno ben oltre l’aspetto economico: impattano sul benessere degli allevatori e delle loro comunità, in particolare nelle aree montane, dove il pascolo estensivo è una pratica essenziale. Ma non solo, infatti sempre più frequenti sono ormai anche gli attacchi ai danni di cani ed altri animali da compagnia, aree urbane incluse.