Pomodori da serbo: la dolcezza del pendolino marchigiano

L'agricoltore custode ne spiega storia, caratteristiche e proprietà
Attualità
di Giorgia Clementi

Come è noto, esistono delle varietà di pomodori che possono essere gustate anche nei periodi invernali. In gergo vengono definiti “pomodori da serbo” o, secondo il dialetto salentino pummidori a ‘nzerta, “pomodori in serto”, ovvero “disposti a ghirlanda”. L’etimologia aiuta a comprenderne l’importanza costringendoci a guardare al passato, a quando non ci si poteva affidare all’industria alimentare per trovare dei pomodori appena raccolti più o meno tutto l’anno. Così, si diffusero dall’Italia Meridionale fino al centro della Penisola, varietà di pomodori che, se raccolti e appesi in cantina al buio, intrecciati tra loro, riuscivano a mantenere inalterate le proprie qualità.

Pomodori da serbo nelle Marche

Il segreto di tale conservazione sta tutto nella buccia del pomodoro, più spessa rispetto ad altre varietà e pertanto in grado di proteggere all’interno il sapore e la consistenza della polpa, dal passare dei mesi e dai parassiti. Ne avevamo parlato nell’articolo dedicato al Pomodoro di Monte San Vito, arancione e resistente, coltivato dal suo agricoltore custode Edoardo Lo Giudice, dell’Azienda agricola Orto Antico.

A questo tipico pomodoro da serbo, si aggiunge anche il Pomodoro pendolino marchigiano, iscritto nel Registro della Biodiversità regionale e coltivato da Paolo Ciarimboli agricoltore custode anche dello scalogno di Pergola e di una varietà antica di granoturco da polenta.

Paolo Ciarimboli, Az. agricola Case Bottaro

Lo coltiva nell’Azienda agricola Case Bottaro a Pergola, mentre la varietà è stata ritrovata ad Orciano, un comune del Pesarese, dove la signora Fuligni lo coltivava da oltre sessant’anni. “Ne pianto circa una ventina di piante ogni anno”, spiega Ciarimboli, “un uso casalingo che però è importante per tramandare il prodotto e la sua storia. Soprattutto qui, nei territori montuosi del Catria, un tempo era un pomodoro molto diffuso negli orti delle case perché si poteva consumare anche nei mesi invernali. Era facile conservarlo nelle cantine al fresco e quando lo andavi a prendere ti trovavi con un pomodoro dolce e saporito, come appena raccolto”.

Buccia spessa ma che si spezza

E se la buccia che “al massimo raggrinzisce un po’” mantiene inalterate consistenza e dolcezza, essa è anche uno dei motivi per i quali spesso, i rossi pendolini si rovinano. Come spiegato da Ciarimboli infatti: “la semina avviene ad aprile ed i tempi agricoli della pianta sono simili agli altri pomodori, con frutti da raccogliere fino a settembre. Il problema sorge quando durante l’estate si verificano forti piogge o grandinate che li spaccano. La buccia dura è infatti anche meno elastica e per questo tende ad essere danneggiata più facilmente”.

Sapore dolce e versatile

Guardando al sapore, “rispetto al ciliegino o al datterino è molto più dolce, conclude Ciarimboli. È buonissimo se consumato appena raccolto naturalmente, ma si apprezza ancora di più se cucinato all’interno di semplici sughi”. Secondo la tradizione culinaria fanese, viene utilizzato nella preparazione del brodetto ma alcune ricette del passato lo vedevano anche protagonista di bolliti, unito alle uova all’interno della frittata o sopra del pane abbrustolito sul fuoco, insieme a del sale ed un filo di olio di oliva.

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Tags: agricoltore custode, in evidenza, pomodoro pendolino marchigiano

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