Che il Consorzio di Bonifica sia uno degli enti meno amati dagli agricoltori marchigiani è cosa nota. Così come sono altrettanto evidenti le tante criticità che tutt’ora affliggono il reticolo idrico regionale: scarsa o difficoltosa manutenzione di fossi e torrenti, complessità nel riuscire ad avere risposte dai burocrati competenti, contributi di bonifica ritenuti troppo onerosi, sono solo alcune delle tante eccezioni che quasi tutti gli imprenditori agricoli sollevano quando si affrontano tali questioni.
Quello che, però, resta di difficile comprensione è il motivo per cui un ente (sì necessario, ma senza dubbio da rivedere profondamente) come il Consorzio di Bonifica Marche riesca invece ad avanzare imperterrito senza essere scalfito da quei tanti mutamenti di natura politica, economica o sociale che negli anni hanno invece così condizionato molte altre realtà.
Le decine di ricorsi accolti, la scorsa primavera, dalla Corte di Giustizia tributaria di Ascoli contro il pagamento del contributo di bonifica da parte di chi non gode di alcun beneficio, oppure i provvedimenti del Garante Regionale contro i reiterati dinieghi di accesso agli atti formulati dal Consorzio sono solo alcuni esempi di una situazione che meriterebbe un’attenzione specifica. Di certo una circostanza che, pur non avendo ancora i tratti della tragedia, corre il rischio di tramutarsi in farsa. È di maggio, ad esempio, la notizia delle notifiche di pagamento della tassa di bonifica anche ai cittadini alluvionati nelle zone del Misa e del Nevola, aree dove -forse- qualche problemino ci sarà pur stato nella gestione delle acque superficiali.
Perché, se è vero che le proteste e le manifestazioni di comitati, associazioni o singoli cittadini troppe volte hanno segnalato l’irrazionalità di tanti comportamenti (contributi richiesti a chi non gode di nessun servizio od una governance restia nel rinnovo delle figure apicali), molto spesso la risposta da parte di istituzioni ed organizzazioni di categoria è stata quanto meno distratta. Un aspetto tutt’altro che secondario e che contribuisce ad alimentare la disaffezione dei cittadini per la politica e degli agricoltori per quelle realtà che anziché rappresentarli preferiscono tagliare nastri od organizzare convegni ricchi di bandierine sgargianti, ma poveri di contenuti.
Ad onor del vero è doveroso ricordare che, proprio sull’onda delle problematiche sino a qui esposte, qualcosa si è provato a muovere a livello politico. Giace infatti in Consiglio Regionale, da oltre tre anni, una proposta di legge che vorrebbe tentare di scalfire questo sistema. Firmatario il consigliere Giacomo Rossi.
Consigliere Rossi, obiettivo della sua azione è l’abolizione del Consorzio?
“Assolutamente no, perché è un ente obbligatorio per legge, ma sono le Regioni che legiferano assieme allo Stato in materia di Consorzi di Bonifica, nel rispetto delle competenze ripartite dalla Costituzione e dalla legge. Ma oggi più che mai è necessaria l’esigenza di limitare la contribuzione soltanto alle aree che verranno designate come comprensori di Bonifica oltre che alla necessità di evitare una sovrapposizione di imposte”.
Cosa cambierebbe con la nuova normativa?
“Anche se la tassa verrà abolita, il Consorzio continuerà ad operare e a fare i lavori ad esso assegnati: verrà fatto rispettare il principio del pagamento a seguito di un beneficio diretto e specifico, così come previsto da leggi e normative vigenti. Il contributo verrà richiesto solo a chi avrà un beneficio diretto e specifico derivante da un’Opera Pubblica di Bonifica”.
Un freno alle richieste indistinte ed indiscriminate sino ad ora avanzate: ma che cosa potrebbe fare questo ente per diventare più efficiente?
“Oltre alla propria attività istituzionale, cioè la esecuzione dei piani di Bonifica, al Consorzio può essere affidato, ai sensi dell’Intesa Stato- Regioni del 2008, il compito di provvedere alla realizzazione, manutenzione ed esercizio di opere pubbliche diverse da quelle di bonifica, e finalizzate alla difesa del suolo, come le sistemazioni idrauliche e idraulico forestale, la regolazione dei corsi d’acqua, gli impianti idrovori, le vasche di laminazione e tutte le rimanenti opere che nei comprensori garantiscono la sicurezza idraulica forestale, unitamente alle risorse pubbliche necessarie. Ai Consorzi di Bonifica potrebbero inoltre essere assegnate dalle Regioni, ulteriori attività, come quelle connesse allo sviluppo del territorio rurale, alla salvaguardia ambientale e al risanamento delle acque. Ovviamente le attività affidate o assegnate non possono costituire base per l’obbligo contributivo in quanto i contributi di bonifica devono essere contenuti nei limiti della spesa per i fini istituzionali”.
Con un’impostazione del genere chi pagherebbe dunque le spese relative al settore irriguo?
“Soltanto gli immobili agricoli che sono serviti da impianti di irrigazione realizzati con fondi regionali. Il contributo inerisce le spese di esercizio e manutenzione degli impianti ed è calcolato secondo le direttive della Giunta Regionale”.
Un altro aspetto molto dibattuto è quello inerente la governance del Consorzio. In più occasioni è stata sollevata la questione del mancato rinnovamento, nonché il sistema di c.d. “porte girevoli” dove alcune figure più che dimettersi si limitano a spostarsi fra Consorzio ed organismi da questo controllati. Ci saranno modifiche negli organi del Consorzio di Bonifica?
“Nella proposta di legge è previsto che il revisore unico sarà sostituito da un collegio dei revisori (maggiore collegialità). Mentre il presidente dell’ente potrà fare al massimo due mandati. Resta la possibilità per la Giunta regionale di annullare le elezioni del Consorzio di Bonifica, qualora il dirigente dell’ufficio competente ravvisi delle irregolarità sull’intero procedimento elettorale”.