Un Ufficio permanente presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste e un Osservatorio ad hoc per promuovere l’accesso delle donne all’attività agricola e potenziare le politiche attive del lavoro nel settore primari. Sono alcuni degli strumenti che – secondo Confagricoltura Donna e Donne in Campo CIA – dovrebbero essere previsti da una Legge Quadro per l’imprenditoria femminile in agricoltura.
Una “legge urgente” sottolineano le due Associazioni datoriali prendendo a modello quanto fatto per l’imprenditoria giovanile in agricoltura con la Legge n.36 del 15 marzo 2024. Una Legge ovvero, che metta a disposizione strumenti legislativi e istituzionali, con l’obiettivo di valorizzare l’apporto delle donne.
Agricoltura femminile in Italia e nelle Marche
Mentre la media europea si attesta al 29% – secondo i dati condivisi dalle due Associazioni – in Italia, il 31,5% delle imprese agricole è a trazione femminile. La regione con il maggior numero di imprese agricole femminili è la Sicilia, seguita da Puglia e Campania testimoniando come l’imprenditoria agricola in rosa rappresenti al Sud un’opportunità di lavoro ed un importante volano per la sostenibilità ambientale. All’interno del segmento spiccano gli agriturismi e le fattorie didattiche (che rappresentano il 60% del totale), così come le aziende biologiche; gli allevamenti zootecnici guidati da donne superano il 43% e le aziende floricole sfiorano il 50%.
Nelle Marche al 2021, si legge nel Censimento dell’Agricoltura svolto da Istat a cadenza decennale, “circa il 28% delle imprese agricole parla al femminile con la percentuale che sale al 40% con l’accoglienza agrituristica. Ben 6.651 aziende agricole sono condotte da una donna, mentre sfiorano le 10.000 unità operaie agricole, coltivatrici dirette e professioniste dei campi”.
“Strumenti adeguati per accesso al credito e innovazione”
“Le oltre 200mila imprenditrici agricole italiane sono in prima linea per difendere il settore quale asset strategico del Paese, dove la produzione di cibo e la tutela del territorio camminano insieme, rappresentando il patrimonio di biodiversità, salute e benessere, cultura e tradizione del Made in Italy” sostiene Pina Terenzi, presidente di Donne in Campo – CIA.
Fa eco Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna: “secondo l’OCSE, riducendo il divario di genere nell’accesso alle risorse produttive, la produzione delle imprese agricole femminili aumenterebbe del 20%-30%. Un contributo concreto alla sicurezza alimentare a cui non possiamo rinunciare, considerando che dovremo sfamare una popolazione di 10 miliardi di persone entro il 2050. L’agricoltura, oltre ad essere un settore fondamentale per la nostra economia, è uno dei comparti a maggior presenza femminile, con buone prospettive di crescita nella fascia manageriale. Infatti, in 10 anni, le donne a capo di aziende agricole sono passate da 1 su 4 nel 2000, a 1 su 3. Inoltre, le aziende condotte da donne sono socialmente più responsabili e aprono la strada a un futuro più inclusivo e resiliente”.
Ciò che è necessario, sarebbe dunque un riconoscimento formale e sostanziale dell’apporto femminile al settore, in grado di costruire realtà imprenditoriali e agricole innovative, sostenibili e funzionanti. Sono però necessari appositi strumenti legislativi e istituzionali per non lasciare che forza lavoro ed ingegno in grado di creare sostenibilità agricola non siano costretti ad abbandonare un’agricoltura poco sostenibile.
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