Tartufo, come sta andando la raccolta nella regione?

Emiliano Pompei: “Annata fortunata per l’estivo. Ora l’attenzione è sul bianco pregiato”
Attualità
di Giorgia Clementi

Il faraone Cheope ne andava matto più di quattromila anni fa. I babilonesi lo raccoglievano e ne elogiavano le qualità, gli antichi greci studiavano ricette per consumarlo nel modo migliore. Lo chiamavano ὕδνον, termine che dà il nome, ancora oggi, alla scienza che li studia: l’idnologia. Sono i tartufi, e le Marche, sono una delle poche regioni dove è possibile raccoglierne, insieme a Umbria, Toscana e parte del Piemonte.

Le prime fiere annuali dedicate al prodotto sono attualmente in corso, ad iniziare da Amandola e Sant’Angelo in Vado che animano le settimane centrali di ottobre, per continuare con la celebre Fiera del tartufo di Acqualagna nel mese di novembre. Eventi importanti che si svolgono poco dopo il termine della raccolta del tartufo nero estivo ed all’inizio della raccolta del bianco pregiato, ideati e promossi per raccontare le caratteristiche del tartufo marchigiano e riflettere sulle migliori strategie per tutelarlo, preservarlo e valorizzarlo.

L’annata 2024/2025

Emiliano Pompei

Abbiamo chiesto ad Emiliano Pompei, vicepresidente di Confagricoltura Marche, come stia andando la raccolta di quest’anno, riflettendo anche sui punti di forza di un prodotto che, se valorizzato, può diventare alleato non solo di gusto, ma anche di socialità e aggregazione.

Si è conclusa da poco la raccolta del tartufo nero estivo o scorzone, ed è andata bene grazie alle precipitazioni del periodo estivo-autunnale”, ha detto, spiegando come quella del bianco pregiato, il Tuber magnatum pico, sia invece iniziata dal primo ottobre e continuerà fino a dicembre. Per avere una stima bisognerà dunque attendere, ma l’andamento delle precipitazioni, come accaduto con il nero, fanno ben sperare.

A dicembre inizierà anche la raccolta del terzo tartufo tipico delle Marche, il nero pregiato Tuber melanosporum, che si raccoglie da novembre a marzo, soprattutto nella provincia di Pesaro e Urbino.

Prodotto a valorizzazione inversa

Un cercatore di tartufi

È importante notare, come suggerito da Pompei, che nella Regione si verifica la particolare condizione per la quale, le raccolte avvengono nelle aree geografiche invertite rispetto ai Comuni che si fanno portavoce della tipologia di tartufo.

Ovvero: “Tutto il tartufo nero pregiato viene raccolto nelle Marche del nord, ma è rappresentato da Comuni delle Marche del sud, con Rocca Fluvione capofila, per il bianco accade l’inverso. Cercato nella zona del maceratese diventa protagonista in Comuni della Provincia del pesarese”.

Ma come si crea realizza tartufaia?

Per realizzare una tartufaia, occorre innanzitutto selezionare un terreno adatto, anche se – come spiegato da Pompei – non c’è uno studio specifico a riguardo, ma solo dei parametri a cui fare riferimento. “Per il bianco, che si trova e non si raccoglie in tartufaia, l’individuazione del terreno si basa fondamentalmente sulla presenza pregressa o meno delle pregiate pepite bianche”. Per il nero, “viene suggerito un terreno dove è presente del calcare, con un ph alto ed un buon rapporto carbonio azoto”.  Le principali attività di manutenzione prevedono la potatura delle piante nel terreno o la zappettatura.

Operazioni che fanno parte della cura sistematica di impianti che hanno bisogno di tempo prima di diventare produttivi. “Un impianto è costoso – si parla in media di circa 20 mila euro -e diventa produttivo a pieno dopo circa dieci anni – ha aggiunto Pompei, “anche se dopo anni di pazienza, esso si rivela una buona fonte duratura di reddito”.

Per questo, nella regione, continua a crescere l’interesse verso il prodotto e l’attività ad esso correlata.

Centinaia di richieste e la sfida allo spopolamento

Il 30 ottobre scadrà un bando per l’impianto di nuove tartufaie – ha aggiunto Emiliano Pompei spiegando come siano state numerose le richieste di contributo per intraprendere l’attività nella regione.

L’interesse crescente nel corso del tempo emerge anche confrontando i dati attuali con quelli del passato. Nel 2002, come si legge da uno studio condotto quell’anno “nei soli comuni di Roccafluvione e Venarotta, erano solo 5.500 gli ettari destinati al tartufo, ora nella stessa area sono più di 20 mila”.

Una dimostrazione lampante di come, al di là del gusto, il tartufo sia una vera risorsa per il territorio svolgendo un ruolo sociale fondamentale come quello di ridurre l’abbandono dell’entroterra. “In zone dove ci sono problemi legati, ad esempio ai cinghiali o al terremoto – ha concluso Pompei – l’impianto di tartufi è una possibilità che porta rendita, una risorsa pregiata – come i suoi protagonisti – per restare nella regione

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Tags: Emiliano Pompei, in evidenza, tartufo, tartufo bianco

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