Un freno alle pretese bancarie contro cittadini e imprese

Vietato l'anatocismo, il perverso meccanismo di interessi sugli interessi
Economia
di Alberto Maria Alessandrini

È una di quelle decisioni destinate a lasciare un segno quella adottata dalla Cassazione nel bel mezzo dell’estate appena trascorsa. La Suprema Corte, infatti, con sentenza n. 21344 del 30 luglio 2024, ha messo fine all’acceso dibattito in materia di anatocismo bancario sancendone il divieto anche in assenza di delibera CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio). Il caso analizzato nel processo riguardava un’associazioni di consumatori che aveva citato in giudizio alcuni istituti bancari chiedendo che venisse dichiarata “illegittima e contraria agli interessi collettivi dei consumatori” la pratica di applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, con particolare riferimento al periodo successivo il 1° gennaio 2014.

Una questione apparentemente molto tecnica ma che, in realtà, tocca e riguarda non solo consumatori ma anche il mondo dell’impresa (agricoltori inclusi). Come noto, l’anatocismo costituisce una delle pratiche maggiormente contestate delle Banche e si traduce in un metodo di capitalizzazione tramite il quale gli interessi, e le altre competenze imputate, vengono capitalizzate (ovvero sommate con il capitale prestato) ogni tre mesi. I nuovi interessi così calcolati, dunque, si baseranno non solo sulla somma originariamente ottenuta dalla banca, ma anche sugli interessi e sulle competenze liquidate in precedenza. Interessi su interessi che determinano un aumento notevole del costo reale sostenuto dal cliente.

Per mettere freno alla questione il legislatore era già intervenuto con il decreto n. 147 del 2013 (con cui è stato modificato l’art. 120, II comma, del Testo Unico Bancario) per “tentare” di sancire il divieto di anatocismo, inibendo qualsiasi capitalizzazione degli interessi a far data dal 1° gennaio 2014 prevedendo un complesso meccanismo di valutazione che affida al già citato  CICR un ruolo chiave nel determinare la legittimità o meno delle richieste avanzate considerando indispensabile la preventiva adozione da parte di questo della prescritta delibera. Strumento utile per stabilire, e valutare, modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria.

Una situazione che, però ha dato luogo a non pochi dubbi interpretativi vanificando la tutela del consumatore, reale intenzione del parlamento. Da qui la decisione della Corte di Cassazione che, nel riconoscere come il dato testuale dell’art. 120 TUB sopra ricordato sia impreciso, ritiene che l’interpretazione letterale della norma non possa che portare al divieto assoluto di anatocismo. Ne consegue che gli interessi debitori maturati «non possono produrre interessi ulteriori» e vanno «calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»”.

Un divieto assoluto di anatocismo, sancito sì dal TUB ma rimarcato dalla Suprema Corte, che impedisce dunque alle Banche di continuare ad applicare la capitalizzazione degli interessi indipendentemente dalle delibere adottate dal CICR la cui posizione diventa in tal caso superflua.

Una notizia positiva dalle quale potranno inevitabilmente scaturire approfondimenti da parte di ciascun cittadino interessato (aziende agrarie incluse) e, nei casi previsti, anche eventuali richieste di risarcimenti alla Banche.

Tags: anatocismo, banche, Corte di cassazione, in evidenza

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