Incredulità, solidarietà e, forse, anche un po’ di ammirazione: sono queste, probabilmente, le reazioni immediate che in questi giorni qualsiasi agricoltore italiano sta provando alla vista delle immagini che arrivano dalla Germania. Migliaia di trattori in code ordinate, ma in grado di bloccare uno dei principali paesi d’Europa per protestare contro lo stop alle agevolazioni riservate al gasolio agricolo. Scene di grande impatto che vanno ad aggiungersi alle proteste in Francia verso la burocrazia della Pac, alle manifestazioni in Belgio contro la folle tassazione sul letame prodotto negli allevamenti ed al malcontento olandese dove il locale “Movimento civico dei contadini” ha raggiunto il 19% dei consensi.
Una situazione delicata con forme di protesta e posizioni articolate, ma tutte accomunate dalla generale insoddisfazione nei confronti di una politica agricola comunitaria, miope e sempre più folle. È ormai di tutta evidenza come le derive green ed ambientaliste che vorrebbero gli agricoltori giardinieri e non più contadini, le limitazioni sempre più stringenti all’uso di fitofarmaci e fertilizzanti o certe idee folli sul benessere animale che vanno ad equiparare una vacca da latte ad un cagnolino da salotto stanno mostrando tutte le loro incongruenze. Scelte, il più delle volte, basate non su dati agronomici e scientifici, – ma puramente su posizioni ideologiche.
Nelle sole Marche, ricorda il direttore regionale di Confagricoltura Alessandro Alessandrini, in un decennio si sono perse circa il 24% delle aziende agricole (dalle 44.866 imprese del 2010 alle 33.800 del 2020), sono diminuite le superficie coltivate (si sono persi circa 20.000 ettari di terreno), gli allevamenti sono quasi scomparsi e le aree più interne abbandonate a lupi e cinghiali. “Di fronte a tali numeri è evidente come tutte le politiche poste in atto fino ad ora non siano state nemmeno lontanamente sufficienti ad arginare il fenomeno” afferma Alessandrini “Ma anche in questo caso onestà intellettuale dovrebbe suggerire che addossare ogni colpa sempre e solo ai pubblici amministratori non sia corretto. Le responsabilità della politica sono enormi ma, a queste, dovremmo tutti affiancare un profondo esame di coscienza”.
Un aspetto poco considerato, ma fondamentale per comprendere la serietà delle proteste d’oltralpe, infatti, risiede proprio nel contesto socio/economico in cui operano gli agricoltori tedeschi, francesi o dei Paesi Bassi. Si tratta di nazioni in cui il settore primario ha mantenuto un ruolo predominante e le attività agricole riescono ancora a convivere con le comunità locali (non sono rare le stalle all’interno dei paesi o gli impianti di biogas nelle aree artigianali) ma nonostante questo si ritiene, giustamente, che ci siano dei limiti oltre i quali gli agricoltori non riuscirebbero più ad operare.
A tal proposito sono forti le parole del direttore Alessandrini secondo cui: “Se da un lato è d’obbligo esprimere solidarietà ai colleghi europei che protestano, dall’altra dovremmo domandarci perché noi non stiamo facendo lo stesso. Non mi risulta che il prezzo del carburante in Italia sia più basso o che la nostra burocrazia sia efficiente. Non parliamo poi del modo, non certo edificante, in cui spesso l’agricoltore è visto in Italia. Di tutto ciò la colpa è anche nostra – continua Alessandrini -. La causa va ricercata, ad esempio, in alcune associazioni di categoria che preferiscono manifestare contro nemici immaginari (vedi la questione carne “sintetica”) rispetto che alzare la voce nelle sedi opportune per ristabilire un minimo di buon senso e normalità, qualche colpa la hanno anche quegli agricoltori che preferiscono fare gli speculatori (pensando di giocare in borsa) con pochi quintali di grano piuttosto che fare squadra e coordinarsi fra loro per spuntare dei prezzi migliori. Ma lo stesso può dirsi anche di chi la mattina lavora sul trattore e la sera protesta con i comitati contro qualche collega imprenditore agricolo che vorrebbe ristrutturare una stalla o costruire un impianto a biogas perché magari gli rovinerebbe la vista davanti casa.”
Un quadro certamente complesso che fotografa la difficile realtà di un settore che, nonostante mille difficoltà, continua a svolgere il ruolo più importante per qualsiasi nazione: produrre cibo e custodire il territorio. Una funzione strategica che andrebbe fatta pesare maggiormente in primis da quegli dagli stessi agricoltori. Del resto, conclude il direttore: “Se quei trattori che durante le festività sono stati spostati in mezza Italia per creare alberi di Natale e scenografiche coreografie da riprendere con i droni e postare sui social si fossero portati pacificamente fuori da qualche palazzo del potere o lungo qualche autostrada, l’effetto ottenuto sarebbe stato probabilmente più incisivo.”