Quello della vendita diretta, svolta in azienda dal produttore, è ormai un fenomeno sempre più diffuso all’interno di molte realtà agricole, anche nella nostra regione. Uno strumento che se adeguatamente gestito può anche rappresentare un’entrata aggiuntiva interessante, soprattutto per quelle imprese dedite alla trasformazione di quanto coltivato od allevato (frutta, verdura, prodotti lattiero-caseari, carni, etc..).
Tale forma di cessione, si ricorda, trova un’importante agevolazione nell’articolo 4 del Dlgs 228 del 18 maggio 2001 il quale prevede che gli imprenditori agricoli iscritti nel Registro delle Imprese possano vendere direttamente al dettaglio prodotti agricoli (provenienti in misura prevalente, ma non esclusiva, dalle proprie aziende) senza dover ottenere nessuna preventiva autorizzazione amministrativa. Un iter abbastanza semplice che, pur non escludendo le previste prescrizioni sanitarie, riserva alle aziende agricole un quadro derogatorio agevolato rispetto a quanto previsto per il commercio.
Tale mancanza di autorizzazione, però, non esclude l’obbligo di comunicazione al Comune che permane in capo all’azienda che intenda avviare l’attività di vendita diretta. A tal proposito è tornata ad esprimersi anche la Cassazione che, con l’Ordinanza n. 28706 del 16 ottobre 2023, ha confermato l’applicazione delle sanzioni previste in caso di inadempimento (il caso analizzato era quello di un’azienda agricola romana sanzionata proprio per non aver effettuato la prescritta comunicazione prima di iniziare l’attività di vendita al consumatore).
Il mancato rispetto di tale vincolo, inoltre, comporta l’immediata decadenza dall’applicazione delle agevolazioni di cui al D.Lgs. 228/2001 e l’applicazione delle regole imposte dalla disciplina del commercio al dettaglio. Uniche eccezioni a tale obbligo, quelle situazioni in cui la vendita diretta avvenga su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola (c.d. “vendita in campo”), nei casi di auto-raccolta svolta direttamente dall’acquirente (c.d. “vendita su pianta”) ed in occasione di sagre, fiere e manifestazioni.
Un’ulteriore conferma, quella giunta da parte della Suprema Corte, che tale comunicazione di inizio attività non è dunque un adempimento meramente formale, ma ha carattere sostanziale. Conseguentemente in caso di omessa comunicazione al Comune, l’imprenditore agricolo sarà obbligato a rispettare la ben più onerosa disciplina amministrativa delle attività commerciali al dettaglio nonché alle relative sanzioni.