Vinitaly e dazi, le preoccupazioni prima dell’annuncio della sospensione

I produttori marchigiani confermano il ruolo strategico del mercato americano
Economia
di Alberto Maria Alessandrini

Si è conclusa ieri la 57° edizione del Vinitaly, la principale rassegna italiana di settore dove anche le Marche hanno potuto giocare un ruolo di primo piano. Erano 111 le cantine presenti, sia all’interno dello spazio allestito dalla Regione che con propri stand. Del resto, gli attuali numeri del comparto confermano l’importanza di questo settore anche nella nostra regione: 20 denominazioni di origine e 1 indicazione geografica (76% della produzione), 14.000 aziende su 18.000 ettari vitati e un’incidenza record del 53% di superficie biologica a vite (la più alta in Italia). A tenere banco tra i tanti produttori presenti due aspetti: le difficoltà create dal nuovo codice della strada che ha determinato una flessione sui consumi di vino interni (soprattutto nel settore della ristorazione) ed i dazi appena annunciati dalla nuova amministrazione Usa (non era ancora giunta la notizia del rinvio di 90 giorni).

Infatti, come ricordato in un convegno organizzato da Confagricoltura proprio in occasione del Vinitaly, a trainare il comparto del vino italiano è ancora l’export che, nel 2024, ha superato i 12 miliardi di euro. Un un balzo di oltre l’80% rispetto all’anno precedente. I mercati chiave restano ancora Europa e Stati Uniti (con questi ultimi che assorbono da soli il 23% dell’export italiano del settore beverage). Gli USA, infatti, sono un partner strategico per il Made in Italy, soprattutto per vini spumanti (27% dell’export solo per il Prosecco) ed il tema dei dazi, in questo specifico mercato, introduce una vulnerabilità ad oggi non ancora sufficientemente misurabile.

Angela Velenosi, Federico Castellucci, Massimiliano Giansanti

“Ci troviamo in una fase di profonda incertezza dove sarà necessario capire, al netto di conferenze, stampe ed annunci, se e come questi dazi verranno poi applicati in concreto. L’impatto principale, naturalmente, lo avranno i consumatori americani dai quali dipenderà il mantenimento o meno di determinate quote di mercato per le nostre aziende. Al momento le fasce di prodotto più elevato sembrerebbero meno esposte mentre la situazione potrebbe diventare più rilevante per i prodotti di fascia media” ha ricordato Federico Castellucci, viticoltore e presidente di Confagricoltura Marche. “Certo è che eventuali aperture di nuovi mercati per sopperire alle contrazioni in quello Usa, come afferma qualcuno, non sono operazioni né immediate né semplici. Quello statunitense è un territorio dove il prodotto italiano si è affermato da decenni e che può godere di una tipologia di consumatori con capacità di spesa importante. Guardare ad est o verso altri paesi, vuoi per ragioni legate alla ricchezza della popolazione ivi presente vuoi per le ben note questioni religiose che limitano l’uso dell’alcol, sono operazioni non praticabili nel breve periodo” ha sottolineato infine Castellucci.

Problematiche sentite e condivise anche dai molti produttori marchigiani che aderiscono all’associazione ed i cui stand sono stati visitati, nel corso della manifestazione, anche dal presidente Nazionale Massimiliano Giansanti.

Federico Castellucci, Alessandro Alessandrini e Michele Bernetti

“Già da anni il vino italiano negli Usa ha un concorrente agguerrito come il Sud America. Alcuni vini argentini o cileni sono molto apprezzati dal mercato statunitense, avendo un ottimo rapporto qualità prezzo. Con i dazi la differenza di prezzo con i vini italiani aumenterà ancora di più rendendo i prodotti sudamericani ancora più competitivi” ha ricordato anche Angela Velenosi titolare dell’omonima cantina dell’ascolano.

“Resta fondamentale presidiare i mercati” aggiunge Michele Bernetti della Umani Ronchi, che ha aggiunto: “Gli americani sono consumatori esperti, con una grande cultura del vino, non sostituibili nell’immediato cogliendo opportunità in altri mercati”. Un danno che indubbiamente ci sarà anche se in misura più ridotta rispetto alle altre aree: «Gli effetti per le produzioni marchigiane saranno inferiori rispetto a regioni come il Veneto e la Toscana – spiega Bernetti – poiché gli Usa assorbono circa il 5% della nostra produzione vitivinicola ma, questa, vale comunque il 10% in valore della produzione”.

E a proposito di numeri, ecco quelli che emergono dall’Osservatorio sulle denominazioni che raccoglie le dichiarazioni di un panel di imprese in rappresentanza del 67% del proprio potenziale produttivo.

Il 2024 si è chiuso infatti con un gap tendenziale del prodotto imbottigliato del Verdicchio Castelli di Jesi pari a poco meno del 20%, una perdita che si azzera se si tiene conto del mancato apporto da parte della Moncaro,  cooperativa leader delle Marche. Sul fronte del valore, la buona notizia arriva dal prezzo medio nella gdo e retail italiana, in crescita lo scorso anno del 10,5%.

Tra i canali, sale sensibilmente la quota destinata all’horeca (dal 13,6% al 19,5%), a riprova dell’upgrade nel posizionamento dei vini con la Gdo (33,5%) comunque sempre primo sbocco seguita dalle vendite agli importatori. Proprio l’export si è reso protagonista del sorpasso sulla piazza italiana per il Verdicchio Castelli di Jesi, con una quota a volume export oriented del 51,2%. Le destinazioni, nel 76% dei casi, sono quelle europee ma raddoppia lo share dei mercati asiatici – Giappone in primis – che ora valgono il 12% delle spedizioni e superano quelle verso le Americhe (11,3%). A valore, Regno Unito, Paesi Bassi, Usa, Germania e Svezia sono i principali sbocchi.

In forte crescita è segnalato il Verdicchio di Matelica, con un balzo delle vendite a volume del 69% e una buona performance anche nell’export (+20%). Sul fronte dei rossi, il Conero chiude il 2024 con un gap volumico del 14%, anche per effetto di Moncaro, ma aumenta la propria presenza all’estero (+1,5%), con una quota che arriva a oltre il 30% del totale commercializzato. Infine, la Lacrima di Morro d’Alba che paga l’11% anche per il calo produttivo della vendemmia 2023.

Tags: dazi, in evidenza, Vinitaly

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