Vogliono i giovani in agricoltura, ma fanno di tutto per allontanarli

Burocrazia asfissiante e ritardi scoraggiano sempre più nuovi insediamenti
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

Quando si parla di agricoltura, non c’è politico, rappresentante delle istituzioni od “esperto” del settore che alla prima occasione non menzioni i giovani come fulcro indispensabile, insieme all’innovazione, per lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura italiana. Sia che si tratti di convegni, articoli sulla stampa o servizi televisivi, sembra che gli sforzi di chiunque siano sempre e prioritariamente orientati ad incentivare l’azione dei ragazzi nel settore primario.

Il discorso sui giovani e sul ricambio generazionale è ormai diventato un vero e proprio mantra, ripetuto costantemente come leva di sviluppo agricolo. Tuttavia, però, quando si passa dalle parole ai fatti emergono immediatamente i problemi e le beffe proprio nei confronti di quei giovani che, con tanta energia e a volte “irresponsabilità”, iniziano a costituire la propria azienda agricola.


La classica situazione tipicamente italiana dove chi si erge a paladino di una battaglia ne diventa il primo detrattore o, peggio ancora, dove la mano destra (spesso rappresentata dal politico di turno) non è minimamente edotta di cosa faccia la sinistra (il funzionario/dirigente di turno). Roboanti promesse fatti ai nostri ragazzi che iniziano a comprare o affittare la terra, contraggono mutui per l’attrezzatura e cominciano a pagare i contributi all’INPS. Esattamente, iniziano subito a pagare poiché, ad esempio, la norma di esenzione dai contributi per due anni è stata cancellata come per magia. Nessuna esenzione, dunque, anche per il 2025, ai neo-agricoltori under 40.

Ma provando ad andare oltre, una volta ottenuta l’iscrizione INPS magari si prova ad accedere ad uno dei tanto sbandierati bandi comunitari. Magari il celebre “Primo insediamento giovani” del quale si può chiedere l’anticipo sul premio ma per il quale, spesso, è necessario stipulare una polizza fideiussoria per l’anticipo dei fondi comunitari (adempimento dal quale, fortunatamente, sono esentati i giovani imprenditori agricoli marchigiani). Azione necessaria per avere un minimo di liquidità iniziale, soprattutto per chi non ha la fortuna di poter disporre già di un solido patrimonio alle spalle.

Ma a questo punto cosa succede? Accade che AGEA, dopo due anni dall’avvio della nuova programmazione, si accorge di non avere il software per pagare i fondi UE ai legittimi destinatari. Così, centinaia di giovani in tutte le regioni gestite dall’Organismo Pagatore si ritrovano a vedere passare mesi dalla domanda di anticipo senza che il legittimo diritto di ricevere i fondi venga soddisfatto. L’ennesima riconferma di come spesso, molti di quei soldi che sembrano cadere sulla testa degli agricoltori italiani si tramutino in una vera e propria grandine. Sarebbe interessante sapere chi siano le società alle quali Agea abbia affidato il supporto informatico ed a chi, queste, facciano riferimento…

Questioni estremamente tecniche che vanno, però, ad appesantire un meccanismo già di per sé poco appetibile. Lo stesso principio del vincolo di otto anni al quale si deve sottostare per accedere ai fondi per il primo insediamento, infatti, costituisce un limite a volte impercorribile in grado di scoraggiare molti ragazzi. Un periodo durante il quale il guadagno generato da una media azienda agricola, soprattutto all’inizio, difficilmente può permettere un decoroso sostentamento. E nessuna forma di integrazione al reddito alternativa, lavoro dipendente o libera professione, viene tollerata dai bandi. Una condizione che obbliga i giovani agricoltori, molto spesso, a dover desistere dal fare richiesta ritenendo troppo rischioso tale percorso.

Sarebbe, forse, opportuno valutare di rivedere tali procedure iniziando a concepire il sostegno ai giovani in agricoltura non come elargizioni spot di contributi una tantum, ma come reale sostegno ad investimenti ed innovazioni. Un aiuto concreto legato non tanto alla semplice apertura di una nuova partita iva agricola (che spesso si limita a sostituire formalmente quella del padre o del nonno), ma come incentivo per chi vuole innovare mezzi, tecniche colturali od investire in strutture. Magari anche subentrando ed investendo realtà già esistenti.

Tags: burocrazia, Giovani, in evidenza

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